Cannabis light, stop alla commercializzazione: in pericolo un mercato da milioni di euro

L'emendamento che avrebbe dato il via libera alla commercializzazione della cannabis light non farà parte della manovra economica per il 2020. Ieri la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha infatti dichiarato inammissibile la proposta del Movimento Cinque Stelle che prevedeva la possibilità di vendere la canapa industriale a patto che il contenuto di Thc non superasse lo 0,5%, in quanto è stata giudicata estranea alla materia. Sebbene la decisione della presidenza di palazzo Madama sia stata riconosciuta da un punto di vista meramente tecnico, non sono mancate le polemiche: Casellati è stata accusata di non essere imparziale e di nascondere, dietro la dichiarazione di inammissibilità, una posizione politica.
"La Presidente Casellati dice che la sua è stata una scelta tecnica e che per introdurre questo tipo di modifiche sia necessario un disegno di legge. Ma un ddl c'è già e lo abbiamo depositato da quasi un anno, a luglio abbiamo chiesto la discussione d'urgenza, ma la Presidente Casellati non ha mai calendarizzato il voto neanche su questa procedura. Se la presidente vuole dimostrare che la sua è stata solo una decisione tecnica e non politica, ora permetta che parta l'iter del ddl", ha affermato il senatore pentastellato Matteo Mantero, primo firmatario della proposta, criticando la decisione di Casellati.
Da parte sua, la presidente del Senato ha spiegato che la sua scelta sia priva da qualsiasi condizionamento politico, ma che semplicemente non sia possibile stravolgere la normativa già esistente in quella sede: "Se ritenete questo disegno di legge importante fatevi un disegno di legge", ha aggiunto Casellati. Che poi ha specificato, rivolgendosi a Mantero: "Lei ha detto che si tratta di ledere, nuocere alle ragioni degli agricoltori. Non è così. Questo è un emendamento di natura ordinamentale e non potrebbe essere diversamente. Ampliando alla vendita e non limitando alla coltivazione, come stabilisce la legge 242 del 2016 che lei ben conosce, si vengono a definire in maniera del tutto innovativa le condotte consentite dall’ordinamento con una norma di carattere generale. Di più, l’ulteriore profilo innovativo riguarda la quantità, quindi questa previsione a sua volta innova anche rispetto alle conclusioni della recente sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione".
Proviamo a fare chiarezza: di che disegno di legge sta parlando Mantero? Da quando la cannabis light è entrata a far parte del dibattito politico italiano? E soprattutto, quali sono le conseguenze di non aver inserito l'emendamento sulla sua commercializzazione?
La proposta del Movimento Cinque Stelle
Il disegno di legge depositato in Senato da Mantero a inizio 2019 apriva alla coltivazione domestica, alla detenzione di determinate quantità di cannabis e rimarcava la differenza tra droghe pesanti e leggere in modo da dare un nuovo inquadramento alla cannabis light. Il tema è sempre stato caro al Movimento Cinque Stelle, che tuttavia non lo aveva inserito nel contratto di governo una volta insediatosi nell'esecutivo a causa delle posizioni completamente opposte fra pentastellati e gli ex-alleati leghisti. Infatti, quando Mantero ha presentato l'emendamento alla manovra, Matteo Salvini è subito intervenuto: "A me l’idea di uno Stato spacciatore di droga fa schifo. È la morte di una società e di una cultura. Il posto degli spacciatori è la galera e un Parlamento che pensa alla droga libera è una vergogna. La Lega sarà sempre contraria. Non esistono droghe che fanno bene".
Vediamo nello specifico cosa comprendeva il disegno di legge del M5s: il provvedimento apriva alla coltivazione individuale fino a 3 piante, ma anche a quella in forma associata come ad esempio accade in Spagna con i cannabis club, dove un'associazione composta al massimo da 30 persone, dopo averlo comunicato in prefettura, può detenere fino a 15 grammi dentro casa e 5 fuori. Sulla cannabis light, invece, l'obiettivo iniziale era quello di alzare fino all'1% il massimo consentito di Thc. "Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione nella quale le organizzazioni criminali controllano la produzione la trasformazione e la vendita di ogni tipo di sostanza proibita, i trasformatori e gli intermediari", aveva spiegato Mantero depositando il ddl in Senato.
Uno dei punti su cui facevano inoltre forza i pentastellati, parlando di legalizzazione, era rappresentato dalle maggiori entrate che sarebbero arrivate nelle casse statali a scapito di organizzazioni mafiose. "In Italia il business del narcotraffico è stimato in circa 30 miliardi di euro, pari a circa il 2% del Pil nazionale, più della metà del mercato è costituito dalla marijuana e suoi derivati", puntualizzava Mantero. Che aggiungeva: "Consentire l'autoproduzione di cannabis come pure la regolamentare la produzione e la vendita di infiorescenze della cosiddetta "light" e consentirne l'utilizzo a scopo ricreativo costituirebbe un'importante tutela della salute pubblica, in quanto si sposterebbe il consumo di cannabis, dal mercato illegale di prodotti potenzialmente nocivi per la salute, a prodotti invece coltivati con rispetto per la salute dell'utilizzatore. In Italia circa 5 milioni di persone fanno uso di hashish o marijuana ed essendo illegale coltivarla in casa, queste persone sono costrette a rivolgersi al mercato nero".
Le dichiarazioni della Cassazione
La deposizione in Senato del ddl sulla cannabis light aveva riaperto il dibattito in Parlamento in tema di legalizzazione, ma le cose sono cambiate quando lo scorso maggio la Cassazione ha imposto lo stop alla vendita di derivati dalla cannabis light. Una sentenza emessa dalle sezioni unite penali della Suprema corte ha infatti stabilito che vendere prodotti "derivati dalla coltivazione della cannabis" corrisponde a reato. La Cassazione ha quindi spiegato che non è consentita né la vendita né la cessione a qualunque titolo di prodotti come l'olio, le foglie, le inflorescenze e la resina.
La sentenza si applica alla legge 242 del 2016: secondo la Corte "la commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicazione della legge 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi dell'art. 17 della direttiva 2002/53 Ce del Consiglio,del 13 giugno 2002, e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati". Per la Cassazione ci si trova quindi di fronte al "reato di cui all'art. 73, commi 1 e 4 del dpr 309/1990 per le condotte di cessione, di vendita e in genere la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante".
Le conseguenze economiche dello stop alla cannabis light
"È uno schiaffo in faccia a 12mila famiglie e all'agricoltura italiana e per questo vi chiedo di vergognarvi", ha anche sottolineato Mantero alla dichiarazione di inammissibilità della presidente Casellati. In effetti, le attività commerciali di migliaia di cittadini risentiranno di questa decisione. Come spiega un rapporto di Coldiretti sull'industria della cannabis, la coltivazione e la vendita di piante a basso contenuto di Thc generano un volume d'affari stimato in oltre 40 milioni di euro. E, allo stesso tempo, produce un impatto occupazionale più che positivo, coinvolgendo centinaia di aziende agricole sul suolo italiano.
Per l'associazione dell'agricoltura italiana il settore della coltivazione e vendita della cannabis rappresenta un business dalle molteplici potenzialità. Sono infatti centinaia le aziende agricole che hanno deciso di investire nella cannabis. Un dato che appare subito chiaro se si pensa che le coltivazioni di canapa in Italia si sono estese a macchia d'olio negli ultimi anni: se nel 2013 sul suolo italiano si contavano circa 400 ettari impiegati in questo modo, lo scorso anno questi sono diventati 4000. E interessano tutta la penisola. La produzione non interessa un solo scopo: con la canapa infatti si realizzano anche eco-mattoni isolanti, biolpastiche, cosmetici e prodotti alimentari.