Bevilacqua (M5s): “Meloni deve dire ai cittadini se ha usato il Garante Privacy come arma politica”

Il Garante per la privacy, un organo collegiale composto da quattro persone che si occupa della protezione dei dati personali degli italiani, è finito al centro di una dura polemica politica. Dopo una nuova inchiesta di Report che ha messo in dubbio l'indipendenza dei membri del Garante – Agostino Ghiglia, eletto in quota Fratelli d'Italia, ma non solo – il Movimento 5 stelle ha chiesto le dimissioni di tutti i componenti. Lo stesso hanno fatto Pd e Avs. In più, l'opposizione ha chiesto che FdI e il governo Meloni chiariscano ciò che è emerso dalla trasmissione di Rai 3. Dolores Bevilacqua, senatrice del M5s che siede in commissione di Vigilanza Rai, ha risposto a Fanpage.it.
Cosa ne pensa delle informazioni emerse sul rapporto tra i membri del Garante e la politica?
Per quanto riguarda le connessioni con la politica, la questione riguarda Agostino Ghiglia, eletto nel Garante in quota Fratelli d'Italia. Dal messaggio a Giorgia Meloni in occasione della decisione sul Green pass, fino all'incontro con la sorella Arianna poco prima della sanzione Report.
Sono cose che lasciano poco spazio all'immaginazione. Potrebbero anche avere una spiegazione legittima, ma questa non è arrivata né da Arianna Meloni né tantomeno dalla presidente del Consiglio.
Un'altra questione sollevata da Report riguarda anche Fanpage.it: Ghiglia si sarebbe opposto all'archiviazione degli esposti presentati contro l'inchiesta Gioventù meloniana sulla giovanile di Fratelli d'Italia.
Mi sembra evidente che l'azione di Ghiglia sia quella di un ‘terminale offensivo' schierato, anche se non in maniera dichiarata. Anche l'ostinazione nei confronti della sanzione a Fanpage la dice lunga su quanto la sua azione sia stata libera da pregiudizi legati alla forza politica di cui lui è un esponente.
D'altra parte, è noto che Ghiglia sia stato candidato più di una volta con la destra, con Msi e Alleanza nazionale prima, e con Fratelli d'Italia poi. Purtroppo, non ha fatto nulla per evitare che la militanza politica inquinasse la sua attività.
Quando ci sono degli interventi del collegio su questioni che possono portare a un conflitto di interessi, i membri devono astenersi. Ghiglia non ha mai fatto un passo indietro, anzi è andato sollecitare proprio su quei temi da cui evidentemente avrebbe dovuto prendere le distanze.
Giorgia Meloni, interpellata dai giornalisti, ha scaricato le responsabilità sull'opposizione, ricordando che questi componenti del Garante furono eletti nel 2020 durante il secondo governo Conte. Sbaglia?
Invece di prendere le distanze, come al solito la premier punta il dito verso gli altri. Lei e sua sorella continuano a fare il gioco del silenzio e lanciare la palla in tribuna. Noi, come Movimento, non abbiamo nulla a che fare con le scelte assolutamente indipendenti di Guido Scorza, il membro del Garante che fu indicato da noi. Ogni volta che, come opposizione o come forza di governo, abbiamo esercitato la prerogativa di effettuare delle nomine, l'abbiamo fatto solo e soltanto guardando alle competenze del soggetto, non al fatto che fosse più o meno vicino alla nostra forza politica.
Giorgia Meloni con questa affermazione, invece, sembra compiacersi di quello che è emerso. Delle due l'una: o fa chiarezza o, se continua a stare in silenzio e sposta l'attenzione su altro, c'è da pensare che il modo in cui Ghiglia esercita il suo ruolo sia gradito a Palazzo Chigi.
Voi avete chiesto le dimissioni di tutto il collegio del Garante. È una presa di distanze anche dallo stesso Scorza?
Abbiamo chiesto le dimissioni già la scorsa settimana, quando ancora non era emerso nulla su Scorza, in tempi ‘non sospetti'. E oggi le nostre valutazioni non cambiano. Di fronte a ombre così pesanti, la prima cosa da fare è proprio chiedere un passo indietro a tutti i componenti di un collegio che sembra evidentemente compromesso.
C'è una responsabilità politica da parte vostra e del Pd, cioè delle principali forze che erano in maggioranza quando questo Garante fu eletto, come suggerisce la presidente del Consiglio?
No, il punto è un altro. Il Garante della privacy è un'autorità che opera da quasi trent'anni, voluta da Stefano Rodotà con un meccanismo che dovrebbe essere rappresentativo del pluralismo, non della lottizzazione. I partiti rappresentano i cittadini, e hanno il compito di trasferire questa rappresentanza negli organi tramite le nomine.
Questo meccanismo, però, va in crisi quando i partiti non rappresentano i cittadini, ma tutelano se stessi e la propria azione di governo.
Il governo Meloni vede questo rappresentante all'interno del Garante come un terminale della propria azione politica. È gravissimo piegare ai propri scopi autorità che dovrebbero essere terze, compromettendo la loro funzione di servizio ai cittadini. Per di più, su un tema delicatissimo come quello del trattamento dei dati personali di ciascuno.
Meloni ha anche aperto, seppur con tono polemico, alla possibilità di modificare la legge sul Garante. Siete d'accordo, come M5s?
Se pensano di modificarla come stanno modificando la governance della Rai, è meglio che lascino perdere. In Rai stanno tradendo tutti i principi che dovrebbero essere introdotti con il Media Freedom Act europeo, stanno legittimando addirittura il colpo di mano della maggioranza di turno – per esempio, ci hanno proposto che il presidente possa essere eletto con maggioranza semplice, se non si riesce entro la seconda votazione ad ottenere una maggioranza qualificata.
È chiaro che dove mettono mani loro, su riforme di questo tipo, non puntano a garantire il pluralismo e l'indipendenza dei nominati: fanno di tutto per ascriverli al proprio orticello.
Per chiarire: i membri del Garante attualmente nominati sono in carica fino al 2027, e né il governo né il Parlamento possono ‘sciogliere' il collegio o obbligarli a lasciare l'incarico. La vostra unica possibilità è chiedere dimissioni volontarie?
Sì, e questo sottolinea anche quanto Meloni si ‘furba' nel lavarsi le mani di una questione che invece pesa in maniera notevole sulle sue scelte nell'azione di governo. Si è trincerata dietro una formula burocratica, ha detto "non possiamo essere noi a sciogliere il Garante per la privacy". Certo, questo lo sappiamo. Il punto è che dovrebbe spiegare ai cittadini se e come la sua maggioranza e il suo partito hanno spinto il Garante verso decisioni politiche. Invece si nasconde dietro formule retoriche senza sostanza.
È d'accordo con Ranucci, che ha dichiarato che il Garante nel tempo è diventato "una sorta di tribunale politico"?
Le notizie che stiamo apprendendo non fanno ben sperare, e mi sembra chiaro l'inquinamento politico su certe scelte del Garante. Non solo sui provvedimenti, ma anche sulla scelta delle priorità dei temi di cui occuparsi. Sicuramente ciò che emerge è desolante.
È un andazzo che evidentemente è stato insopportabile anche per chi lavora all'interno del Garante, gli uffici che restano a prescindere dai componenti del collegio, formati da professionisti di grandissimo spessore che istruiscono le varie pratiche. Mi sembra evidente, anche se naturalmente le fonti giornalistiche vanno assolutamente protette, che siano state proprio queste persone a far emergere ciò che oggi sappiamo. Gli anticorpi contro queste pratiche sono già all'interno del Garante per la privacy.