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Autonomia differenziata, la maggioranza va sotto in commissione alla Camera: cosa è successo

La maggioranza è andata sotto in commissione Affari costituzionali alla Camera sull’autonomia differenziata: il voto su un emendamento M5s ha messo in minoranza il centrodestra scatenando il caos.
A cura di Annalisa Cangemi
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La maggioranza è andata sotto in commissione Affari costituzionali alla Camera su un provvedimento cruciale per il programma di governo, l'autonomia differenziata. Non è una questione di poco conto, visto che il problema si presenta sul voto a un emendamento del M5s che chiedeva di togliere la parola autonomia dal disegno di legge.

L'emendamento del M5s è passato 10 a 7, con la maggioranza che è andata sotto. Ma per il centrodestra quella votazione non sarebbe stata regolare in quanto alcuni parlamentari leghisti sarebbero rimasti fuori dalla porta mentre era in corso il voto. A quel punto è il caos: le opposizioni insorgono e la seduta viene sospesa. Alla ripresa il presidente Nazario Pagano di Forza Italia spiega che la votazione sarà ripetuta, come accaduto in casi precedenti. Le opposizioni non ci stanno e mettono in dubbio la terzietà del presidente. Alla fine la seduta viene tolta e riconvocata per venerdì. Un rinvio che però non esclude nuove tensioni.

Per la maggioranza è una doccia fredda: l'esame in Commissione non avrebbe dovuto riservare sorprese anche perché l'accordo è che il ddl arrivi in aula blindato il 29 aprile per la discussione generale, anche se il voto finale arriverà solo dopo le elezioni europee di giugno.

La maggioranza, infatti, non ha presentato emendamenti e il patto prevede un calendario serrato in modo da chiudere in commissione sabato, rinunciando anche al ponte del 25 aprile, pur di rispettare i tempi e accontentare la Lega. Ma cosa è accaduto esattamente in commissione?

Perché la maggioranza è andata sotto in commissione sull'Autonomia

In apertura di seduta, alle 15, il presidente Pagano inizia puntuale e si passa al voto sull'emendamento 1.19 della pentastellata Carmela Auriemma, che cancella la parola autonomia dai principi generali del primo articolo del ddl. Il parere di governo e relatore è contrario ma la votazione finisce 10 a favore a 7 contrari. Del centrodestra sono presenti 5 su 8 componenti di Fdi, uno di Fi, e solo un leghista su 5 (ovvero uno dei relatori del ddl Alberto Stefani). I voti li conta l'unico segretario di commissione presente, il pentastellato Pasqualino Penza. L'altra, la leghista Simona Bordonali, non è presente.

L'opposizione esulta, uno dei tre relatori Alessandro Urzì (Fdi) chiede la parola, Pagano (Fi) cerca di correre ai ripari e non chiude la votazione. A quel punto è caos. Urla e proteste si sentono dai corridoi antistanti la commissione, tanto che i commessi intervenuti, vista la bagarre, allontanano i cronisti. Da subito la posizione della maggioranza è di fare quadrato negando la validità del voto.

"Non è successo nulla, l'opposizione sbaglia e come al solito è farlocca", attacca il capogruppo della Lega in commissione Igor Iezzi, secondo il quale "il relatore Urzì aveva chiesto la parola e l'ordine dei lavori quindi era sospeso, io sono entrato esattamente in quel momento".

Secondo il capogruppo M5s Alfonso Colucci "quanto successo è significativo del fatto che evidentemente non sono così convinti e unitari anche su questo provvedimento. Non è solo uno scivolone ma è espressione di una grande crepa all'interno della maggioranza". Nel trambusto generale si affaccia al quarto piano anche il capogruppo FdI alla Camera Tommaso Foti che pronuncia poche parole prima di tornare in Aula: "L'opposizione ha proclamato il risultato che non ha proclamato il presidente. Quindi l'opposizione ha molta fantasia".

La seduta viene sospesa, poi riprende ma il clima resta teso. Sono le 17 quando le riunione viene aggiornata a venerdì. L'intento del presidente Nazario Pagano di Forza Italia è chiaro: "La procedura di voto non si è conclusa. Si riprenderà venerdì". Ma le opposizioni non ci stanno: "Pagano riveda questa decisione che secondo noi è scorretta ai termini del regolamento – afferma la capogruppo dem Simona Bonafè – chiediamo anche di poter interloquire con il presidente Fontana".

Dure le parole del capogruppo Avs Filiberto Zaratti: "Se anche quando noi vinciamo ci viene annullato il voto, credo sia la distruzione di ogni rapporto con la presidenza e che sia la distruzione delle regole democratiche sulle quali si costruisce un rapporto politico. Per questo abbiamo detto che non siamo disposti a riaprire i lavori fino a quando non c'è un pronunciamento della Giunta del regolamento e un pronunciamento del presidente della Camera".

"Le opposizioni fanno il loro mestiere, migliaia di emendamenti su tutto e anche sull'autonomia. Staranno più attenti, ci sta che uno se deve stare lì centinaia di volte magari non sia particolarmente attento, ma non capiterà più", taglia corto il vicepremier Matteo Salvini a Porta a Porta.

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