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Accordo Ue su Patto di stabilità trovato nella notte, cosa vuol dire per l’Italia e il governo Meloni

Il Consiglio europeo e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo preliminare sul Patto di stabilità. Le norme che regoleranno i conti degli Stati europei, e che costringeranno l’Italia a cercare di ridurre il suo debito pubblico, dovrebbero entrare in vigore dall’anno prossimo, ma diventare più stringenti tra almeno quattro anni.
A cura di Luca Pons
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Nella notte tra venerdì è sabato, il Parlamento europeo e il Consiglio europeo (che rappresenta tutti i governi nazionali) hanno trovato un accordo preliminare per la riforma del Patto di stabilità e crescita, cioè per le regole di bilancio che i Paesi dell'Ue dovranno seguire nei prossimi anni. Il passaggio più difficile per questo nuovo accordo era stato a dicembre, quando il Consiglio europeo doveva mettersi d'accordo al suo interno su una riforma (ce l'aveva fatta a pochi giorni dalla fine dell'anno, mentre sembrava ci fosse il rischio di finire nel 2024). La trattativa con il Parlamento europeo, invece, è stata più rapida. Ora mancano solo i dettagli tecnici una votazione finale da parte di entrambi gli organi, che dovrà avvenire prima delle elezioni europee di giugno.

Le nuove regole, che dovrebbero entrare in vigore già dall'anno prossimo, sostanzialmente indicheranno a ciascun Paese quanto può indebitarsi. Uno dei ministri presenti al negoziato, il belga Vincent Van Peteghem, ha detto che il nuovo patto "salvaguarderà finanze pubbliche equilibrate e sostenibili, rafforzerà l’attenzione sulle riforme strutturali e promuoverà investimenti, crescita e creazione di posti di lavoro".

Le regole del Patto sono piuttosto stringenti, e non sono riuscite a semplificare più di tanto le norme, come invece era loro intenzione. Ad esempio, dopo un periodo di adattamento, tutti gli Stati potranno ogni anno indebitarsi (o fare ‘deficit‘) per una somma pari al massimo al 3% del loro Pil. Il governo Meloni, per esempio, nei suoi documenti economici ha previsto di raggiungere questo risultato solo nel 2026, e per poco. Il debito complessivo di un Paese accumulato negli anni, poi, dovrebbe essere al massimo pari al 60% del suo Pil. In questo caso l'Italia è estremamente indietro: il suo debito pubblico vale il 144% del Pil.

Perciò nei prossimi anni l'Italia dovrà seguire una "traiettoria di riduzione" sia del deficit che del debito, come anche gli altri Stati che non rispettano questi criteri. Significa che bisognerà trovare un modo per ridurre le spese, oppure per aumentare il Pil, in modo significativo. Passati i prossimi quattro anni di "aggiustamento", anche l'Italia dovrà presentare un piano convincente su come ridurre il deficit e il debito pubblico. Ci saranno poi vari meccanismi per assicurarsi che questi piani vengano rispettati, e degli ulteriori paletti da osservare, che diventeranno più chiari quando sarà pubblicato il testo ufficiale del nuovo Patto.

Dopo gli anni della pandemia e della ripartenza, in cui le regole di bilancio europee erano state sospese, si dovrà quindi tornare a tenere d'occhio i conti pubblici. Il periodo di aggiustamento, che è di quattro anni ma può essere esteso fino a sette, potrebbe permettere all'attuale governo Meloni di evitare il momento in cui saranno necessari gli interventi più pesanti. La questione sarebbe così rimandata a dopo le prossime elezioni politiche italiane, previste nel 2027.

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