video suggerito
video suggerito

A Gaza sei persone sono morte di fame in un solo giorno, l’Onu: “Dal 19 maggio solo il 10% degli aiuti ha raggiunto i civili”

A Gaza sei persone sono morte in 24 ore per fame e malnutrizione, mentre l’ONU denuncia che solo una minima parte degli aiuti raggiunge i civili: dal 19 maggio solo il 10% degli aiuti hanno le persone affamate. Così, la crisi umanitaria peggiora, tra bombardamenti, saccheggi e carenza di carburante.
A cura di Francesca Moriero
35 CONDIVISIONI
Immagine

A Gaza almeno sei persone sono morte di fame in un solo giorno, altre 22 persone sono state uccise dai bombardamenti. È l'ennesima tragica conta che arriva dalle corsie degli ospedali ancora in funzione nella Striscia, raccolta dai medici palestinesi e riportata dall'agenzia Wafa. Mentre la diplomazia internazionale continua a misurare le parole, e l'inviato speciale americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff, afferma che "a Gaza non c’è fame", insieme allo stesso Netanyahu, la realtà raccontata da chi cura e da chi muore è un'altra: la fame non è più un rischio, ma un arma di guerra; un meccanismo sistemico che, oltre a colpire le condizioni fisiche della popolazione, mina il tessuto sociale, alimenta il caos e rende quasi impossibile qualsiasi distribuzione ordinata degli aiuti. Il Programma Alimentare Mondiale e le agenzie dell’ONU faticano a garantire anche solo un minimo flusso di sostegno, mentre il sistema sanitario è al collasso per l'assenza di carburante, acqua e medicinali.

Intanto, solo oggi, almeno 16 altre persone, in fila per ricevere cibo nei pressi del centro di distribuzione di Rafah sono state colpite dai cecchini israeliani, mentre aspettavano il loro turno, altre due hanno perso la vita nel bombardamento di una scuola che ospitava sfollati a ovest di Khan Younis. Nella stessa città, l'esercito israeliano ha colpito anche la sede della Mezzaluna Rossa.

Mentre la popolazione affronta fame, bombardamenti e sfollamenti continui, gli aiuti umanitari entrano ancora con il contagocce: secondo quanto riportato dalle autorità palestinesi, nella giornata di ieri sono entrati solo 36 camion. La maggior parte degli aiuti, denunciano dal governo locale, viene intercettata lungo il tragitto, a volte da persone affamate che saccheggiano disperatamente i carichi, a volte da gruppi armati che se ne appropriano con la forza. Un caos che, secondo le autorità di Gaza, è favorito deliberatamente da Israele attraverso la distruzione delle strutture di sicurezza e la paralisi amministrativa della Striscia.

Gli aiuti ci sono, ma non arrivano

Secondo il sistema di tracciamento delle Nazioni Unite (Monitoring & Tracking Dashboard UN2720), tra il 19 maggio e il 2 agosto sono state scaricate ai valichi circa 40mila tonnellate di aiuti umanitari. Di queste, 27mila tonnellate hanno lasciato i valichi per dirigersi verso i centri di distribuzione, ma appena 4.100 tonnellate, cioè solamente il 10%, hanno effettivamente raggiunto la popolazione affamata. Il resto, oltre 23mila tonnellate, è stato invece "intercettato": cioè dirottato, saccheggiato o perso nel caos che regna all'interno dell'enclave. La fame, in questo contesto, non è più una conseguenza della guerra, ma un effetto calcolato di un sistema di isolamento e soffocamento. La distruzione delle infrastrutture, il blocco sistematico dei valichi e la mancanza di carburante continuano a rendere poi la logistica degli aiuti quasi impossibile.

Nessun carburante, ospedali al collasso

La crisi alimentare si intreccia poi con quella energetica: il 10 luglio scorso è stata l'ultima volta in cui sono entrate a Gaza autocisterne di carburante. Solo ora, all'inizio di agosto, due nuove autocisterne, con un carico di 107 tonnellate di gasolio, sono in attesa di entrare dal valico di Rafah, ma non è ancora chiaro se l'accesso sarà consentito. Senza carburante, gli ospedali non possono far funzionare i generatori, i reparti di terapia intensiva sono fermi, i sistemi di refrigerazione per i medicinali fuori uso. La morte per fame si accompagna così alla morte per mancanza di cure.

Fame e responsabilità

Israele ha ridotto drasticamente i flussi di rifornimenti a Gaza da marzo, ufficialmente per indebolire Hamas. Ma la conseguenza concreta è una popolazione intrappolata in una spirale di carestia, malattia e violenza. L'uso della fame come strumento di guerra è una violazione del diritto internazionale umanitario, ma le denunce, ancora una volta, sembrano ancora infrangersi contro il muro dell'impunità diplomatica.

35 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views
Immagine

Iscriviti alla newsletter Evening Review.
Ricevi l'approfondimento sulle news più rilevanti del giorno

Proseguendo dichiari di aver letto e compreso l'informativa privacy