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La bomba sotto l’auto di Ranucci è un inquietante promemoria che sono tempi bui per il giornalismo italiano

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Sigfrido Ranucci
Sigfrido Ranucci

Un ordigno è stato piazzato vicino l’auto di Sigfrido Ranucci, che era parcheggiata davanti casa del giornalista a Campo Ascolano, una frazione di Pomezia, alle porte di Roma. Un chilo di esplosivo. Esplodendo ha dato fuoco anche alla macchina a fianco, quella della figlia, che era passata lì appena venti minuti prima. Il giornalista invece era a casa, era rientrato da una mezz’ora. Sui profili social di Report sono stati pubblicati dei video e delle immagini che mostrano l’entità del danno. Si vedono le macchine completamente distrutte e si legge: “La potenza dell’esplosione è stata tale per cui avrebbe potuto uccidere chi fosse passato in quel momento”.

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Tra le prime dichiarazioni rilasciate, Ranucci ha spiegato che in quello stesso posto, davanti casa, l’anno scorso aveva anche trovato due proiettili. Una cosa che non aveva raccontato alla stampa, ma che era subito andato a denunciare all’autorità giudiziaria. Così come diversi altri episodi, i dossieraggi dall’estero, i pedinamenti. Da oltre dieci anni Ranucci vive sotto scorta, a causa delle intimidazioni mafiose ricevute, ma “questo è stato un salto di qualità”, ha detto lo stesso giornalista, rilasciando le prime dichiarazioni.

Clima di isolamento e delegittimazione"

Al Corriere della Sera ha denunciato “un clima di isolamento e delegittimazione” nei suoi confronti, spiegando come negli ultimi mesi abbia ricevuto svariate minacce e che potrebbe non essere una coincidenza il fatto che appena qualche giorno fa avesse annunciato i temi delle nuove inchieste di Report. La trasmissione infatti tornerà in onda su Rai 3 tutte le domeniche a partire dal 26 ottobre e in un promo Ranucci aveva spiegato che nella nuova stagione si parlerà dei finanziamenti alla cultura, del mondo della scuola, dell’eolico, di banche, di sanità.

Ora l’antimafia di Roma sta indagando su quanto accaduto e nel mentre a Ranucci stanno arrivando moltissimi messaggi di solidarietà. Anche ad esempio dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha condannato questo atto intimidatorio e sottolineato come “la libertà e l’indipendenza dell’informazione sono valori irrinunciabili delle nostre democrazie, che continueremo a difendere”. Non è la sola, tanti altri hanno fatto sentire le vicinanza al giornalista e conduttore e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha anche comunicato di aver dato mandato per rafforzare le misure di protezione.

Lo scontro tra Report e la maggioranza

Dall’opposizione Elly Schlein ha parlato di un attentato alla democrazia, e Giuseppe Conte ha detto che bisogna far sentire la vicinanza a un giornalista che “combatte ogni giorno per difendere centimetro dopo centimetro la sua libertà nel servizio pubblico” e che “è stato ripetutamente delegittimato, deriso e sbeffeggiato dalla politica”.

Report è un programma che sta per tornare in onda con meno puntate del previsto, dopo che il palinsesto è stato tagliato nonostante gli ottimi ascolti. È un programma che per mesi ha visto uno scontro diretto con il governo. Giovanbattista Fazzolari, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e Gaetano Caputi, capo di gabinetto di Meloni, hanno presentato querele e richiesto risarcimenti, per una puntata che raccontava la scalata di Mps a Mediobanca e il ruolo che avrebbe avuto il governo in tutto questo.

Ma questo non è stato l’unico motivo di scontro e spesso negli ultimi anni i giornalisti di Report hanno denunciato un tentativo, da parte del potere politico, di silenziarli. Usgirai, cioè il sindacato dei giornalisti Rai, in un comunicato oggi ha affermato: “Abbiamo denunciato in questi mesi come la Rai abbia ridotto lo spazio a disposizione di Report e soprattutto il clima di odio e insofferenza per le inchieste della redazione. In prima serata su Rai1 si è arrivati addirittura, da parte della seconda carica dello Stato, a definire i colleghi di Report dei “calunniatori seriali” senza che il conduttore o l’azienda prendessero le distanze. Una campagna d’odio contro il giornalismo di inchiesta che deve finire”.

Il riferimento è a Ignazio La Russa – che nelle ultime ore, va detto, ha condannato l’attentato a Ranucci – ma che nel 2023 aveva anche lui presentato una querela contro la trasmissione  e il suo conduttore. Questa però era stata archiviata perché, sentenziava il tribunale di Milano, era stato “svolto con diligenza l’esercizio giornalistico del diritto di critica e di informazione”.

Corrono tempi bui per l'informazione e il giornalismo

Per Vittorio di Trapani, presidente della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana) l’attentato di questa notte contro Sigfrido Ranucci è “un fatto che ci richiama ad anni bui del nostro Paese”, e “colpire l’informazione vuol dire colpire le nostre libertà, la nostra democrazia”. Ecco, quando i giornalisti di inchiesta vengono sistematicamente delegittimati e isolati, quando il loro lavoro viene quotidianamente denigrato e ostacolato, colpire la democrazia diventa molto più semplice.

Sottovalutare il ruolo e l’importanza di un’informazione libera e indipendente, in questo momento storico per cui parlare di fragilità delle democrazia è un eufemismo,è un errore che rischiamo di pagare caro. 

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