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Pensionato morto a Manduria, il gip: “Le famiglie dei bulli incapaci di educarli. Senza freni”

Restano in carcere gli 8 ragazzi, tra cui sei minorenni, che avrebbero aggredito il pensionato di Manduria, Antonio Cosimo Stano, morto lo scorso 23 aprile. Come si legge nell’ordinanza firmata dalla gip Rita Romano, “la decisione riguarda anche i maggiorenni perché le loro famiglie hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare i due giovani”.
A cura di Ida Artiaco
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Sono finiti tutti in carcere gli otto ragazzi della baby gang che avrebbero aggredito il pensionato di Manduria, in provincia di Taranto, Antonio Cosimo Stano, morto lo scorso 23 aprile. Tra di loro, ci sono 6 minorenni e due giovani di 19 e 20, per i quali pure è stata disposta la custodia cautelare in carcere, perché, come hanno spiegato le gip Paola Morelli e Rita Romano, "i nuclei familiari degli indagati hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare i giovani". In particolare, i minorenni sono stati trasferiti dalle due comunità di accoglienza di Bari e Lecce in cui si trovavano al carcere minorile Fornelli di Bari. Dopo essere stati tutti sottoposti a fermo lo scorso 30 aprile, gli avvocati difensori avevano chiesto per loro pene meno severe del carcere, ma i giudici hanno ritenuto necessario allontanare i ragazzi dalle famiglie, anche in virtù del fatto che molte di loro erano al corrente delle violenze perpetrate ai danni della vittima, non facendo nulla per fermarlo ma anzi aiutandoli a eludere le indagini.

"Stano è stato fatto oggetto di un trattamento inumano e degradante, braccato dai suoi aguzzini, terrorizzato, dileggiato, insultato anche con sputi, spinto in uno stato di confusione e disorientamento, costretto ad invocare aiuto per la paura e l'esasperazione di fronte ai continui attacchi subiti e, di più, ripreso con dei filmati (poi diffusi in rete nelle chat telefoniche) in tali umilianti condizioni", si legge nell'ordinanza di custodia cautelare stilata dalla gip Romano per i due maggiorenni, aggiungendo che "la misura della custodia cautelare in carcere appare sostanzialmente adeguata alla gravità dei fatti, avendo gli indagati dimostrato notevole inclinazione alla consumazione di reati, totale inaffidabilità e completa assenza di freni inibitori". Secondo la giudice, i nuclei familiari dei due indagati "hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare i due giovani", per cui si è rece necessaria la decisione di escludere la concessione degli arresti domiciliari.

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