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Pausini, palco crollato. 5 condanne per la morte dell’operaio. La mamma: “Fatta giustizia”

Matteo Armellini era rimasto schiacciato dal palco che avrebbe dovuto ospitare, nel marzo 2012, il concerto della cantante al PalaCalafiore, a Reggio Calabria. La madre Paola: “Giustizia è fatta”. Per lei un risarcimento di 200mila euro.
A cura di Biagio Chiariello
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Un’assoluzione e cinque condanne: è la sentenza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria nel processo per la morte di Matteo Armellini, l’operaio romano di 31 anni che morì, il 5 marzo del 2012, a Reggio Calabria causa del crollo del palco allestito al Palacalafiore sul quale si sarebbe dovuta esibire Laura Pausini.

Gli imputati condannati sono il progettista del palco Franco Faggiotto (3 anni e 6 mesi), il coordinatore della sicurezza per l’esecuzione dei lavori Sandro Scalise (3 anni), il rappresentante legale della F&P Group Ferdinando Salsano (un anno e 8 mesi) e il patron della Italstage Pasquale Aumenta e l’ex dirigente comunale Marcello Cammera (un anno e sei mesi ciascuno). I primi quattro sono tecnici coinvolti a vario titolo nell'organizzazione del concerto, mentre Cammera é funzionario del Comune di Reggio Calabria. Dovevano tutti rispondere di omicidio colposo e disastro colposo.

Assolto invece Maurizio Senese, promoter locale del concerto, mentre per un altro imputato, Gianfranco Perri, è stato dichiarato il non doversi procedere per sopravvenuta prescrizione. Il giudice del tribunale di Reggio Calabria, Lucia Delfino, ha inoltre condannato i responsabili civili, il comune di Reggio Calabria e Italstage Company (il fornitore delle attrezzature per l’allestimento del palco), al risarcimento dei danni in favore della parte civile, nonché una provvisionale per danno non patrimoniale di 200mila euro.

“Sono commossa – ha commentato Paola Armellini, la madre dell'operaio romano morto nel crollo del palco – Queste battaglie vanno fatte per restituire la dignità a tutti i lavoratori e io mi batto per questo. Posso dire che é stata fatta giustizia. Ero molto sfiduciata. Il percorso di questo processo è stato veramente duro. Sono stati sei anni pesanti, che mi hanno segnato. Non conoscevo la giustizia italiana. Fino ad un minuto prima della sentenza pensavo che il peggio dovesse ancora arrivare. Matteo amava il suo lavoro. Sono certa che avrebbe apprezzato questa sentenza. Devo ancora rivedere il tutto, ma ritengo di aver raggiunto questa sera un primo obiettivo”.

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