Omicidio della piccola Matilda, non esiste un colpevole

L'omicidio di Matilda Borin, la bambina di 22 mesi uccisa nella sua casa a Roasio, in provincia di Vercelli, nel 2005, con un calcio alla schiena, resta senza un colpevole. Dopo nove anni, tre gradi di giudizio e ricorsi vari, la giustizia italiana si arrende. La mamma, Elena Romani, di Legnano (aveva avuto la piccola da un uomo di Busto Arsizio), è stata assolta definitivamente. Il suo compagno di allora, Antonio Cangialosi, è stato scagionato dopo il pronunciamento del Gup, le cui motivazioni sono state rese note ieri: "Il colpo subito da Matilda non può essere stato inferto nel breve intervallo in cui è rimasta sola con l'imputato”. Ha scritto il gip di Vercelli, Paolo Bargero, che il 3 giugno ha disposto il non luogo a procedere nei confronti dell’uomo.
Perché è stato assolto Cangialosi
Nelle motivazioni, il gip parla di "elementi inidonei a dimostrare la responsabilità dell' imputato". Innanzitutto, si legge, "entrambi (la Romani e il Cangialosi, ndr), con tutta evidenza, hanno una posizione del tutto equivalente quanto a interessi coinvolti, posto che dichiarando di non avere toccato la bambina implicitamente affermano che è stato l'altro a farlo". Inoltre, la discussione della coppia sulle condizioni di Matilda, quando fu trovata moribonda in bagno, ebbe "esiti certamente non sfavorevoli al Cangialosi". Inoltre, per il giudice, a differenza di quanto accade per Cangialosi, "si possono rinvenire alcune dichiarazioni della Romani contraddette dai fatti". E la donna, si legge ancora nelle motivazioni, è ritenuta "teste di non elevata attendibilità". Eppure nella casa di Roasio c’erano solamente due persone oltre alla piccola Matilda. Qualcuno deve averla colpita per forza, anche perché è stata esclusa anche l'ipotesi accidentale: "Non esiste nessun dato che possa fare pensare a un incidente o comunque a un diverso decorso causale", fa sapere il gip.
La ricostruzione del caso Matilda
Matilda Borin morì per un colpo così violento da provocarle lesioni interne gravissime (milza spappolata e distacco di un rene). Nell’abitazione erano presenti, appunto, la mamma Elena Romani e il compagno di allora di quest’ultima, Antonio Cangialosi: secondo la ricostruzione, basata sulle dichiarazioni dei due imputati e mai smentite, la piccola vittima era stata messa a dormire sul letto matrimoniale; i due si trovavano in una altra stanza a riposare; poco dopo la mamma si accorge che la figlia ha vomitato, la lava ed esce in cortile a stendere; Cangialosi torna in camera da letto, resta con Matilda a guardare un cartone animato e qui si accorge che la bimba ha un malore; il 118 – arrivato in ritardo secondo le accuse della madre e del suo compagno – non può far nulla per salvare la vita alla bambina.