Truffe sulla benzina nel Casertano: coinvolte 30 società, sequestri per 17 milioni di euro

La benzina veniva acquistata tramite società "cartiere", esistenti solo sulla carta, e con un giro di false fatturazioni finivano ai distributori di carburante stradali a prezzi più bassi rispetto a quelli del mercato: un giro d'affari da quasi cento milioni di euro, solo per gli anni esaminati, quello scoperto dalla Guardia di Finanza, che ha portato al sequestro preventivo per un importo di oltre 17 milioni di euro nei confronti di 30 società e altrettante persone fisiche.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) sono state svolte dalle fiamme gialle del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Caserta e dal I Gruppo Napoli e hanno consentito di svelare l'esistenza di una "frode carosello" che, con lo scopo di evadere l'IVA, coinvolgeva l'intera filiera dei prodotti per autotrazione: dal deposito fiscale fino ai distributori stradali. Il sistema, hanno ricostruito i finanzieri, si basava sulle cosiddette società cartiere: figuravano come cessionarie del carburante e, facendo da tramite nelle vendite, consentivano alle imprese destinatarie di ottenere le forniture senza pagare l'IVA, quindi a costi molto più bassi rispetto a quelli del mercato. Il decreto di sequestro preventivo è stato emesso dal gip del Tribunale sammaritano.
Come funzionava la frode sulla benzina
La frode è stata realizzata secondo due distinti sistemi. Il primo faceva leva sull'applicazione di quanto previsto dalla Legge di Stabilità del 2018, che prevede l'esenzione dell'obbligo di versamento immediato dell'IVA per determinate categorie di soggetti commerciali. In questo caso sono state usate società cosiddette "missing trader", intestate a prestanomi, che acquistavano il prodotto senza pagare l'imposta e lo rivendevano, con un giro di fatture false, alle ditte che poi procedevano all'immissione in commercio presso i distributori stradali senza ottemperare agli obblighi fiscali.
Il secondo sistema prevedeva un regime di non imponibilità delle cessioni: le società cartiere attestavano falsamente di possedere i requisiti previsti dalla normativa in materia di accise e così beneficiavano degli acquisti senza l'applicazione dell'IVA. Questo avveniva attraverso la dichiarazione di intento, ovvero un documento con cui gli esportatori abituali verso Paesi extra europei manifestano di essere in possesso dei requisiti per acquistare dai fornitori nazionali beni e servizi in esenzione dell'imposta.
Il giro d'affari: 96 milioni di euro
In tutti i casi le società "buffer", ovvero quelle che facevano da filtro per le compravendite, scomparivano prima del termine di scadenza per la presentazione delle dichiarazioni annuali: al momento di presentare la documentazione venivano poste in liquidazione o chiuse per cessata attività, e di conseguenza non effettuavano i versamenti d'imposta.
Con questo schema sarebbero stati immessi in consumo circa 87 milioni di litri di gasolio. Nelle annualità interessate dall'indagine, le società coinvolte si sono avvalse di fatture per operazioni inesistenti prodotti dalle società cartiere per complessivi 96 milioni di euro.