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Troppo ego e insulti: perché la protesta di De Luca a Roma contro l’autonomia differenziata è fallita

Il “Lavora, stronza!” contro Meloni ha fagocitato l’impegno per una giusta contro l’autonomia differenziata: ecco perché De Luca, ieri, ha clamorosamente toppato.
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La protesta di Vincenzo De Luca di venerdì 16 febbraio a Roma contro l'autonomia differenziata voluta dal governo Meloni è tecnicamente fallita. Certo, il presidente della Regione Campania è oggi su tutti i giornali, online e cartacei, in tutti i talk televisivi di politica e in molte discussioni di politica in Rete e in tv.

Ma se lo scopo era denunciare i danni – enormi – dell'autonomia differenziata nei confronti della Campania e di tutto il Sud Italia, è miseramente naufragato: in piazza c'era l'ego di De Luca, c'era la sua sola voce. De Luca ha fatto e disfatto, si messo davanti al corteo, ha sbraitato alle forze dell'ordine «dovete caricarci! Dovete ucciderci! Da qui non ce ne andiamo!». E poi è andato via.

È andato davanti al ministero del Sud e ha chiesto che qualcuno lo ricevesse. «Fate rispondere quei conigli!». Ma nessuno ha risposto. Si è preso il più sprezzante degli insulti da una presidente del Consiglio che lo ha declassato ad agit prop: «Pensi a lavorare». Si è stizzito e gli ha riposto (pur senza sapere di essere ripreso dalle telecamere di La7) con un «Lavora, stronza!» che ha fatto la gioia di Tiktok ma che non è servito a niente. Un insulto puro, senza costrutto.

Domenico Giordano, data analyst di Arcadiacom.it, numeri alla mano mostra come nelle discussioni in Rete ieri «la stronza ha divorato la protesta». Ovvero la comunicazione deluchiana è rimasta «confinata a un centimetro dal baratro di una sovra- esposizione». «I leader convinti di dover sempre "trasmettere", di mantenere alto il ritmo dell'attenzione, inciampano con più e pericolosa facilità nella loro stessa comunicazione», dice.

Che mancava? Ma è ovvio: la voce dei sindaci che Vincenzo De Luca, preponderante, ha totalmente oscurato. In piazza c'era un De Luca vs. resto del mondo, non a caso il sindaco della città capoluogo, Gaetano Manfredi, primo cittadino di Napoli, ha disertato. Assomigliava molto ad una di quelle proteste alla Luigi De Magistris, l'ex sindaco che in un decennio ha totalmente isolato la città che amministrava. E così anche De Luca ieri ha ascoltato la "Primavera" di Vivaldi, una delle musichette d'attesa preferite dai ministeri italiani.

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La bussata al campanello del ministero assomigliava invece alle sortite del peggior Matteo Salvini coi citofoni, nella sua campagna elettorale permanente. Dunque ieri De Luca ha scoperto le sue carte e aveva in mano poco meno di niente. Perché non è coordinato col Partito Democratico e detesta Elly Schlein, perché non ipotizza nemmeno un modo di fare le cose diverso dal suo. Perché si sente il lider maximo ma è solo un orbo in una terra di ciechi, la Campania.

Ieri Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura con Fratelli d'Italia e candidato in pectore alle Elezioni Regionali 2025 si fregava le mani: se continua così, la strada è in discesa.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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