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Test di Medicina, la guerra al numero chiuso di De Luca: “Faremo ricorso alla Corte Costituzionale”

La proposta di legge regionale prevede l’abolizione del test già dal prossimo anno accademico che, per il governatore campano, violerebbe il diritto allo studio.
A cura di Vincenzo Piccolo
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«Proseguiremo in questa nostra battaglia di civiltà contro il numero chiuso per accedere alla facoltà di Medicina che ha aspetti perfino anticostituzionali». A ribadirlo è il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, che nella sua consueta diretta web del venerdì, ha assicurato l'impegno della Regione per abolire il numero chiuso alle facoltà di Medicina e di area sanitaria. Le dichiarazioni arrivano a pochi giorni dalla decisione del Consiglio regionale che ha approvato all’unanimità la proposta di legge di abolizione dei test, per la quale il governatore si è schierato già da molto tempo.

Continua poi nel corso di una diretta Facebook, dicendo:

Noi abbiamo approvato un disegno di legge come Regione Campania che abbiamo mandato al parlamento e al governo.
Se per il prossimo anno non avremo modifiche, pensiamo di presentare un ricorso alla Corte costituzionale. Si stanno privando migliaia di ragazzi del diritto allo studio.

Cosa prevede la proposta di legge regionale

La proposta di legge prevede che, a partire dal prossimo anno accademico 2024/2025, l'accesso ai corsi universitari in Medicina e chirurgia, in Medicina veterinaria, in Odontoiatria e Protesi dentaria e agli altri corsi universitari in ambito sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione, sia libero. Inoltre il Mur dovrà provvedere a rafforzare l'organico universitario e a redigere un nuovo quadro per le scuole di formazione specialistica entro il 2026.

Quello che oggi chiamiamo selezione  è camorrismo, truffa e affarismo. Intorno a queste vicende girano affari per centinaia di milioni e più approfondiamo questo tema, più rimaniamo scandalizzati per quello che siamo stati capaci di creare. È qualcosa di sconvolgente, abbiamo fatto precipitare tutto il mondo dell'università in una palude burocratica. Questo non è un Paese serio, è un circo equestre.

Con il numero chiuso si creano corporazioni, nicchie di interessi e di affarismo. La scusa è che con questo sistema dobbiamo selezionare il metodo, ma così non selezioniamo niente, diamo solo fastidio.

Ha incalzato De Luca durante il suo intervento. Il governatore si riferisce a tutto il sistema di preparazione ai test con cui gli studenti devono scendere a patti, partendo due anni prima e rivolgendosi a centri studi o professori specializzati. Un sistema che ‘scuce' alle famiglie migliaia di euro ogni anno, ma che resta l'unica chance per chi vuole prepararsi. Bisogna dire che, già da qualche anno, alcuni istituti scolastici hanno attivato dei corsi pomeridiani che permettono a chi non ha grandi possibilità economiche di poter studiare per i quiz a costo zero, o quasi.

Una battaglia simile c'era già stata

In merito alla violazione del diritto allo studio a causa del numero chiuso si era già espressa la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, con una sentenza del 2013. Consultata da otto ragazzi che non erano stati in grado di superare i test di ammissione alla facoltà, il sommo Tribunale di Strasburgo aveva chiarito che «il numero chiuso per l'accesso alle università italiane non si pone in contrasto con il diritto allo studio previsto dalla Costituzione».

Secondo la Suprema Corte, esiste il diritto di accesso all’università solo nei limiti in cui quest’ultima abbia la capacità e le risorse per sostenere l’istruzione degli alunni. Un concetto che era già stato rimarcato dagli stessi studenti intervistati da Fanpage.it qualche giorno fa.

Sempre secondo la Corte il diritto allo studio sarebbe assicurato già solo garantendo la partecipazione ai test di ammissione, iscrivendosi ad altri corsi o proseguendo all'estero i propri studi o continuando a ripetere il test di ammissione fin quando si vuole.

Con la sentenza 302/2013 la Corte costituzionale ha sancito la costituzionalità della Legge del 1999, che per l’accesso alle facoltà a numero chiuso (medicina, odontoiatria, professioni sanitarie, architettura) prevede un test d’ingresso a livello nazionale.

All'epoca il quesito era stato avanzato dai giudici del Consiglio di Stato i quali sostenevano che il sistema delle graduatorie di ateneo in luogo di una graduatoria unica nazionale sarebbe lesivo degli articoli 3, 34 e 97 della Costituzione. Gli ermellini dichiararono la questione inammissibile poiché «fondata su un’interpretazione errata della disposizione censurata».

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