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Terra dei Fuochi, la beffa: gli imprenditori condannati potrebbero riavere 200 milioni di euro

Il 25 Marzo è attesa la sentenza sul dissequestro dei beni dei fratelli Pellini, imprenditori di Acerra condannati in via definitiva per disastro ambientale. Un tesoro da 220 milioni di euro che potrebbe tornare nelle loro mani.
A cura di Antonio Musella
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Una protesta davanti all'inceneritore di Acerra
Una protesta davanti all'inceneritore di Acerra

I fratelli Pellini di Acerra sono stati condannati in tutti e tre i gradi di giudizio per disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti. Titolari di un'impresa che si occupava appunto di rifiuti nella zona di Acerra a nord di Napoli, lo stesso Comune che ospita l'inceneritore, i Pellini furono accusati di aver sversato nelle campagne acerrane rifiuti pericolosi. La loro vicenda fu così nota da diventare una delle storie simbolo dell'inquinamento nella Terra dei Fuochi: 1 milione di tonnellate di rifiuti pericolosi e non finiti sotto terra, smaltiti nei Regi Lagni, ceduti a terzi come fertilizzanti e compost.

Per la giustizia penale i conti sono chiusi, i fratelli Salvatore, Cuono e Giovanni Pellini sono stati condannati a 7 anni di reclusione nel 2017 in via definitiva, ma grazie ai benefici ed all'indulto, hanno scontato poco più di qualche mese di galera. Vicenda finita? Tutt'altro, perché gli imprenditori attraverso i legali hanno chiesto di rientrare in possesso dei loro beni confiscati negli ultimi anni in conseguenza delle condanne. Un provvedimento di dissequestro che è arrivato ora in cassazione, con udienza prevista lunedì 25 marzo, e la possibilità che gli imprenditori condannati possano riavere indietro il loro patrimonio è tutt'altro che remota.

Un tesoro da 220 milioni di euro per gli imprenditori condannati

L'ammontare dei beni confiscati ai Pellini, a seguito delle loro attività illecite legate allo smaltimento di rifiuti, è pari a circa 220 milioni di euro. Un'enormità. Soldi, conti correnti, quote societarie, auto di lusso, ville, terreni, addirittura anche un elicottero, nel tesoro che lo Stato ha finora tenuto lontano dai Pellini, ma che potrebbe tornare nelle loro disponibilità. Secondo la legge infatti, la giustizia avrebbe dovuto prendere una decisione entro 18 mesi dall'inizio della controversia, pena il decadimento per decorrenza dei termini. I 18 mesi sono già trascorsi, anche a causa di una nuova immissione al ruolo decisa dai giudici nella prima ed ultima udienza del 2023. Praticamente un "ritorno al via" che ha significato la decorrenza dei 18 mesi. Ma non tutto è perduto, infatti la legge stabilisce che la decadenza dei termini non si applica davanti a casi complessi e di grande gravità. Starà dunque in questa applicazione della discrezionalità che i giudici dovranno stabilire i termini della loro sentenza. Se dovessimo basarci solo sul periodo di decorrenza dei termini, allora la sentenza sarebbe già scritta e i 220 milioni di euro ritornerebbero ai Pellini, condannati in 3 gradi di giudizio per i reati ambientali.

Nei terreni ancora i veleni e nessuna bonifica

Oggi i fratelli Pellini si occupano con diverse società di edilizia, formazione professionale e anche di soccorso stradale. Un ritorno in campo dopo le condanne per i reati ambientali. Intanto sui terreni inquinati dalle attività dei Pellini non è stato fatti praticamente nulla, come ci spiega Alessandro Cannavacciuolo, storico ambientalista di Acerra: "Non è stato fatto un bel niente, nonostante ci siano le sentenze definitive sul disastro ambientale, non c'è stato uno studio per individuare le aree oggetto di sversamento e quindi nemmeno una messa in sicurezza o un ripristino dello stato dei luoghi, non è stato fatto assolutamente nulla". Ma non solo: "Gli opifici realizzati dai Pellini illecitamente, all'interno dei quali si sono poi consumati i reati per i quali sono stati condannati, dovevano essere abbattuti – sottolinea Cannavacciuolo – c'è una decisione della magistratura in tal senso, ma nessuno ha mai provveduto ad abbattere quelle strutture, doveva farlo il Comune di Acerra, l'amministrazione Lettieri, ma non è stato fatto niente". Ci sono stati alcuni dei terreni interessati dai traffici dei Pellini, dove c'è stata una rimozione dei rifiuti, ma non si è mai provveduto alla bonifica dei suoli. Una storia dunque che davvero rappresenta la fotografia plastica della sconfitta dello Stato davanti al disastro della Terra dei Fuochi, di cui Acerra è senza dubbio un simbolo. "Se i 220 milioni di euro ritornano ai Pellini – dice Cannavacciuolo – sarà l'emblema della beffa che subiranno tutti i cittadini di Acerra, significherebbe uccidere per due volte i cittadini della Terra dei Fuochi". Lunedì 25 Marzo ci sarà la sentenza, che in un modo o in un altro segnerà la parole fine in maniera definitiva su questa vicenda.

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