Secondi a nessuno: Vincenzo Strino e il Larsec di Secondigliano: solidarietà senza speculazione politica

Vincenzo Strino si occupa di strategie social in una società di comunicazione politica, Spin Factor e passa gran parte della sua giornata fra coloro che vorrebbero diffuse al massimo le loro proposte e promesse, cioè i politici. Tornando a casa, a Napoli, risalendo Capodichino e poi immettendosi verso casa, al corso Secondigliano, avverte probabilmente con sorprendente chiarezza, almeno per quel che riguarda il suo pezzo di città, periferia Nord fin troppo nota sui media e in certe narrazioni da fiction televisive, la distanza tra ciò che si promette e ciò che si fa. A Secondigliano, nella zona che un tempo fu enclave del clan di camorra Di Lauro, Strino insieme a molti altri ragazzi, porta avanti un presidio di legalità "praticata", non solo predicata: è l'associazione Larsec, la cui storia è raccontata nel libro "Secondi a nessuno" (Iod Edizioni, 2020).
Perché ad un certo punto la tua esperienza col Larsec è finita nero su bianco, in un libro?
Non l'ho deciso io e questo mi rende molto orgoglioso. Una sera, durante il lockdown del 2020, mi chiama Pasquale Testa, patron della Iod Edizioni e da sempre animatore della Fondazione Siani. Io e lui non ci eravamo mai visti, né sentiti, ma il tono della sua voce a telefono fu perentorio: "Devi raccontare quello che succede a Secondigliano e di quello che fate al Larsec". Quindi in parte è merito suo se ho potuto raccontare passato, presente e possibile futuro del mio quartiere, l'altra parte di merito va all'amica Raffaella Ferré, che mi ha aiutato a scriverlo nel modo migliore possibile: senza di loro non sarebbe stato immaginabile o realizzabile. Questo è il motivo del mio orgoglio, perché senza queste persone non avrei avuto l'occasione di far sapere a tanti altri che esiste una realtà come Secondigliano che non è seconda a nessuno.
Fai un lavoro che è lontano da ciò che vivi tutti i giorni. Torni a Napoli, a casa tua, magari dopo una giornata passata negli uffici della politica romana: che pensi?
La distanza tra i posti in cui lavoro e quelli in cui vivo è di circa 250 km, ma sotto quasi tutti i punti di vista lo spazio che intercorre tra quella parte di Roma e questa parte di Napoli è simile a quella che c'è tra la Terra e Marte. Un esempio su tutti: il treno Roma-Napoli impiega un'ora e dieci minuti, praticamente meno del tempo che impiega una persona che parte da Secondigliano e arriva a piazza Dante con i mezzi pubblici. Ma non è tutto, visto che nello stesso quartiere c'è l'aeroporto internazionale, grazie al quale si impiega un'oretta per arrivare a Milano Malpensa. Tutto questo, agli occhi di uno studente o di un lavoratore precario costretto a spostarsi coi mezzi pubblici, perde il contorno del paradosso e diventa dramma quotidiano.
Ecco perché spesso, in quei pochi momenti di libertà che concede la routine romana, divento monotematico. Anche con i ministri e i sottosegretari provo ad infilare questo genere di discorsi ogni volta che posso.
In questi ultimi 10 anni si è molto parlato di beni comuni e associazionismo. Ma Larsec è stato un po' distante da tutto questo movimento. Diffidenza, diverso orientamento politico o altro?
A Napoli si ha un concetto un po' stravagante di beni comuni. Nel resto d'Italia, d'Europa e del mondo, le strutture abbandonate vengono concesse temporaneamente dalle istituzioni per essere riqualificate, a prescindere dall'orientamento politico di chi si propone di rivitalizzare quegli spazi vuoti. Invece qui sembra tutto molto orientato a non favorire quel fermento culturale e artistico dettato dalla diversità di vedute che altrove sta prendendo piede. Questo non solo penalizza la città intera, ma la rende più provincia e meno "Capitale del sud". A noi del Larsec non è mai interessata la riqualificazione di un singolo spazio, noi vogliamo la rigenerazione di un territorio intero e da sette anni lavoriamo per questo.
Vincenzo, fra poco a Napoli si vota alle Amministrative. Sui social piano piano cresce il malcontento: quasi tutti i papabili candidati sanno di vecchio. Chi vive in una periferia come "legge" tutto questo? Pensi che un ragazzo del Larsec sceglierà di disinteressarsene e far parte degli astenuti?
Provengo dalla periferia più giovane della città: premetto questo per chiarire subito che il solito bailamme sui nomi dei candidati qui non interessa quasi a nessuno, vuoi per questione anagrafica o perché chi è in campo non si è mai occupato di questa parte di città. Aggiungo però che nell'ultimo anno il Larsec è stato animato da un gruppo di ventenni che ha molta più consapevolezza e molta più determinazione nel voler incidere sulla realtà circostante di chi all'inizio ha fondato il progetto.
Certo, quasi nessuno di loro sa chi sia stato Antonio Bassolino o che faccia abbia Catello Maresca, ma tutti loro sanno bene cosa si deve fare per risolvere il problema delle caditoie otturate, delle infiltrazioni d'acqua nelle case popolari e della mancata raccolta differenziata in certe strade. Sono totalmente distaccati alla cronaca politica, ma fortemente interessati dalle politiche, cioè da quei processi che possono migliorare o peggiorare la vita di chi vive qui. E questo è un segno, seppur impercettibile dalle parti di palazzo San Giacomo, che da queste parti qualcosa sta cambiando in meglio.