Rapine su commissione per distrarre le forze dell’ordine: la strategia del clan D’Alessandro

Se le forze dell'ordine sono troppo concentrate sulla droga, bisogna trovare un modo per smistarle su un altro fenomeno. Sarebbe stata questa l'intuizione, messa anche in pratica, dal clan D'Alessandro, che avrebbe ordinato la commissione di reati, specificamente di rapine, per salvaguardare le proprie piazze di spaccio e rallentare le indagini. Il particolare emerge dall'ordinanza eseguita ieri dai carabinieri di Torre Annunziata nei confronti del clan di Castellammare di Stabia (Napoli), con misure cautelari per 11 persone; gli indagati sono 16 e si ipotizzano, tra gli altri, i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto di armi da sparo, corruzione in atti giudiziari, reati aggravati tutti dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare il clan D'Alessandro di Castellammare di Stabia
A parlare di questo stratagemma è un collaboratore di giustizia, che gli inquirenti ritengono affidabile. I fatti risalgono agli anni '80, quindi parecchio tempo fa, ma sono indicativi della strategia del clan e delle meccaniche "di risposta" dei gruppi criminali di fronte alle indagini e ai metodi che allora venivano utilizzati; inoltre, dimostrano che il controllo del gruppo criminale era ben radicato anche all'epoca.
Il collaboratore riferisce che nel 1988 ha raccolto lamentele da altri affiliati sulle difficoltà delle piazze di spaccio in quanto le forze dell'ordine erano troppo presenti sul territorio e rendevano in questo modo più difficili trasporto e vendita di droga. Michele D'Alessandro (ritenuto il fondatore del clan, deceduto nel 1999) avrebbe quindi ordinato al collaboratore e ad altre persone incaricate delle rapine di aumentare il numero di raid. In questo modo avrebbe creato artificiosamente una emergenza, costringendo le forze dell'ordine a concentrarsi su quel settore e a rallentare le indagini sul traffico di stupefacenti.