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Omicidio Anthony Artiano, il padre del fermato: “Picchiava mia figlia. Avremmo dovuto denunciare subito”

Dietro l’omicidio di Anthony Artiano, il giovane ferito mortalmente al Rione Traiano, ci sarebbe una storia di violenze su una ragazza. Il racconto del padre del fermato a Fanpage.it.
A cura di Nico Falco
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Il giovane deceduto, Antonio Artiano
Il giovane deceduto, Antonio Artiano

Un ragazzo di 23 anni deceduto, un altro di 20, fratello della fidanzata, in carcere con l'accusa di omicidio, un incontro deciso per un chiarimento e concluso con un colpo di pistola. Due versioni che collimano per poi divergere in un punto fondamentale: chi è che ha sparato. Sono i punti fermi della vicenda della morte di Anthony Artiano, il giovane del Rione Traiano, Napoli Ovest, morto all'alba del 16 novembre nell'ospedale del Mare di Ponticelli dopo essere stato ferito 6 giorni prima per un proiettile alla testa. Le indagini sono affidate alla Squadra Mobile di Napoli che ieri, su delega della Procura della Repubblica, ha eseguito il fermo nei confronti del 20enne Pasquale Muro con l'accusa di omicidio; la pistola usata per il ferimento non è stata ancora ritrovata.

Il retroscena: "Anthony picchiava la fidanzata"

L'incontro chiarificatore sarebbe arrivato dopo un lungo elenco di episodi di violenza che riguardavano Antonio Artiano e una ragazza del posto, sorella del 20enne fermato. I due avevano una relazione ma il 23enne avrebbe in varie occasioni picchiato la fidanzata: nelle fotografie, che Fanpage.it ha potuto visionare e che sono state consegnate anche agli inquirenti, si vede la giovane col corpo coperto di lividi e graffi. Quel 10 novembre, sempre secondo quanto sostengono i familiari del fermato, Artiano si sarebbe presentato sotto casa della ragazza con aria minacciosa e i genitori di lei avrebbero quindi contattato alcuni parenti di lui per chiedere un ennesimo incontro.

"Mia figlia aveva avuto una relazione con Anthony – racconta a Fanpage.it Gianluca Muro, padre del ragazzo sottoposto a fermo e anche lui indagato a piede libero per l'omicidio – ma lui la picchiava. La veniva a prendere a casa nel cuore della notte, mentre dormiva, spesso la faceva tornare coi segni delle violenze. Un nostro parente ha visto le registrazioni di un esercizio commerciale della zona, risalenti a qualche giorno prima: l'ha picchiata per venti minuti per strada. Era una situazione che conoscevamo bene e che avevamo sperato di risolvere parlandone tra famiglie. Abbiamo sbagliato a non rivolgerci subito alle forze dell'ordine".

Il colpo di pistola durante la colluttazione

I parenti di Pasquale Muro parlano di un colpo accidentale: sarebbe stato lo stesso Artiano a esploderlo, mentre era in corso una colluttazione. Di contro, la famiglia di Artiano, tramite l'avvocato Paolo Gallina, ribadendo che sulla vicenda sono in corso accertamenti e che i vari aspetti sono al vaglio della magistratura, sostiene che il giovane non fosse armato. La sorella della vittima, Priscilla Artiano, ha contattato Fanpage.it per raccontare la versione della famiglia, che è diametralmente opposta a quella dei Muro.

"Mentre eravamo in quella casa – racconta Gianluca Muro – è arrivato Anthony. La situazione è trascesa e ne è nata una colluttazione. Il ragazzo ha tirato fuori una pistola e ha esploso almeno un colpo, altri li ha sparati per le scale. Io mi sono lanciato su di lui per bloccarlo, gli ho messo un giubbino sulla testa e lui, nel divincolarsi, ha sparato. Ho sentito il colpo e ho visto la fiammata vicino a me".

Per gli inquirenti, però, a sparare sarebbe stato proprio Pasquale Muro. "Lui è arrivato quando il litigio era già in corso, ha ammesso di essere stato armato, ha raccontato anche dove aveva preso quella pistola, che non era sua – continua il padre – ma io non ho visto quell'arma. Lui oggi è in carcere, domani verrà interrogato. Se davvero ha sparato lui, è giusto che paghi. Ma che paghi per un omicidio tenendo conto delle circostanze, non che passi come un killer di camorra: è un ragazzo incensurato, lavora nel nostro bar, se quel giorno ha deciso di prendere una pistola è stato per paura, per difendersi".

"In quella casa c'erano le telecamere"

La colluttazione è avvenuta tra l'abitazione dei parenti di Artiano e le scale che portano all'esterno. E parte della scena potrebbe essere stata ripresa da telecamere di sorveglianza che, però, sarebbero scomparse. "In quella casa c'erano quattro telecamere – prosegue Muro – lo so per certo. Ho visto il monitor con i quattro schermi e sono sicuro anche che registrassero: i parenti di Anthony precedentemente mi avevano fatto vedere delle scene di mia figlia che tornava a casa, quando i due convivevano. La Polizia però non ha trovato niente. Che fine hanno fatto quelle telecamere? Se si recuperassero si vedrebbe tutto quello che è successo: se mio figlio era armato, ma anche se, come sosteniamo noi, lo era anche Anthony".

La fuga da Napoli: "Paura di ritorsioni"

Subito dopo il ferimento la famiglia del ragazzo fermato ha lasciato Napoli. Una fuga per paura di ritorsioni: il padre del ragazzo deceduto è stato, secondo gli inquirenti, per anni un ras del Rione Traiano, uomo di fiducia di un boss storico del clan Grimaldi. "Ci avevano già minacciato – conclude Muro – mi hanno sfondato l'auto in quei momenti. Abbiamo aiutato a caricare il ragazzo su un'automobile, per farlo portare in ospedale, poi siamo scappati, abbiamo viaggiato fino a notte fonda. Ma non abbiamo mai voluto sottrarci alla giustizia: il mattino dopo siamo andati dai carabinieri e abbiamo raccontato tutto, e poi ci siamo messi in contatto con la Polizia di Napoli. Siamo sempre stati a disposizione delle forze dell'ordine, dal primo momento".

(articolo aggiornato il 27 dicembre 2022)

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