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“Stop al pesce giapponese in Campania”: in Regione approda il caso dell’acqua radioattiva di Fukushima

Lo sversamento dell’acqua radioattiva del reattore nucleare di Fukushima, in Giappone, preoccupa in Campania per possibili ripercussioni sulla fauna ittica che arriva anche in Italia: i Verdi chiederanno in Regione una audizione alle principali imprese ittiche locali per capire come intendono muoversi.
A cura di Redazione Napoli
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Ha ripercussioni perfino in Campania il caso Fukushima, ovvero la decisione del  Giappone di riversare in mare nel 2022 1.2 milioni di metri cubi di acqua radioattiva (in cui è presente l'isotopo dell'idrogeno Trizio) trattata e accumulata nella centrale nucleare  gravemente danneggiata dopo il violentissimo terremoto del marzo 2011.

Oltre a causare indignazione nel mondo, la decisione nipponica preoccupa anche chi come l'Italia – ovviamente Campania compresa – importa pesce da quell'area.

«Ho deciso di proporre un’audizione con tutte le associazioni che si occupano di pesca in Campania per analizzare la situazione nella nostra regione e cercare di capire come individuare il pesce potenzialmente radioattivo ed evitare che entri nel nostro sistema alimentare», dice Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale di Europa Verde e presidente dell’VIII Commissione Agricoltura, Caccia e Pesca.

Quella degli ambientalisti campani è una preoccupazione che per parte del mondo scientifico che si occupa di nucleare non ha ragion d'essere: i livelli di diluizione sono talmente alti – spiegano gli esperti – tanto da rendere bassissima la probabilità che un pesce s’imbatta nell'isotopo radioattivo trizio contenuto nell'acqua del reattore di Fukushima.

«La radioattività può essere ridotta a livelli di sicurezza» paragonabili all’esposizione a radiografie mediche e viaggi aerei, ha affermato Nigel Marks, scienziato nucleare alla Curtin Universiy di Perth, in Australia.

Tuttavia in Regione Campania presto ci sarà  un incontro col comparto ittico per capire come le aziende locali intendono muoversi. Vincenzo Peretti, docente del dipartimento di Medicina Veterinaria della Federico II e attivista di Europa Verde spiega:

“Inoltre secondo una stima Coldiretti sono oltre 21 milioni i chili di prodotti ittici che arrivano in Italia dalle acque giapponesi.  Almeno questo lo possiamo decidere noi consumatori: controlliamo sempre l'origine del pesce acquistato leggendo l'etichetta, che per legge deve riportare la zona di pesca, e scegliere la “zona Fao 37”, saremo così sicuri che stiamo acquistando un prodotto pescato esclusivamente nel Mar Mediterraneo.

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