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Movida rumorosa a piazza San Domenico Maggiore, Comune di Napoli condannato: dovrà pagare 750mila euro

Comune di Napoli condannato dal Tribunale per il chiasso legato alla movida a piazza San Domenico Maggiore al centro storico. Il Comitato Vivibilità Cittadina: “Nuova vittoria dei residenti”
A cura di Pierluigi Frattasi
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Il Comune di Napoli condannato per la movida rumorosa in piazza San Domenico Maggiore. Dovrà risarcire i residenti per oltre 750mila euro, in pratica 40mila euro per ogni ricorrente, più interessi e spese legali. Lo prevede la sentenza numero 4462/2025 della IV Sezione del Tribunale di Napoli, che si è pronunciato il 6 maggio in merito al giudizio iniziato nel 2018 sulla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini residenti, in particolare rispetto all’inquinamento acustico, alla salvaguardia della salute, della casa e della privacy. "La decisione – scrive il Comitato per la Vivibilità Cittadina, presieduto dall'avvocato Gennaro Esposito che ha assistito gli abitanti nel ricorso – si allinea con quella emessa lo scorso 20 gennaio dalla X Sezione dello stesso Tribunale, nonché con l’ordinanza del 28 gennaio della IV Sezione, relativa a Vico Quercia, successivamente annullata in sede di reclamo, e con l’ormai consolidato orientamento di numerosi Tribunali e Corti d’Appello del Nord Italia, ribadito più volte anche dalla Corte di Cassazione".

Il Comitato Vivibilità Cittadina: "Altra vittoria per i residenti"

Con questa nuova sentenza – aggiunge il Comitato – "il Comune di Napoli è stato condannato al risarcimento di 40.000 euro per ciascuno dei 19 cittadini ricorrenti, oltre all’obbligo di attuare misure concrete per la tutela della salute, dell’abitazione e dell’ambiente. Si tratta di una pronuncia che assume particolare rilievo in una città dove le istituzioni, troppo spesso assenti nella gestione del territorio, hanno alimentato un’errata interpretazione del concetto di libertà e del cosiddetto “diritto al divertimento”, talvolta tradotti in veri e propri soprusi. Le numerose decisioni giurisprudenziali italiane affermano chiaramente che le amministrazioni locali sono tenute, in primo luogo, a garantire i diritti fondamentali delle persone – in particolare vita, salute e abitazione – e a gestire il territorio nel rispetto delle norme. La legge, contrariamente a quanto talvolta si lascia intendere, già prevede poteri concreti di programmazione e controllo per i Comuni: lo stabiliscono il Testo Unico degli Enti Locali, il Codice dell’Ambiente, la legge sull’inquinamento acustico e altre norme, che attribuiscono anche poteri straordinari di ordinanza ai Sindaci, soprattutto nei casi in cui siano in gioco diritti essenziali".

Infine, l'avvocato Esposito conclude: "Dedichiamo questa pronuncia alla memoria di Piero Calamandrei, partigiano, padre costituente e avvocato civilista, che ebbe l’onere e l’onore di difendere i diritti fondamentali dell’uomo, riconosciuti dalla nostra Costituzione, che contribuì a scrivere, come incomprimibili, inalienabili e imprescrittibili. Storica rimane la sua arringa del 1956, a dieci anni dalla entrata in vigore della Costituzione, in difesa di Danilo Dolci, densa di richiami alla dignità della persona e al valore dei diritti umani come affermati nel caso di specie".

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