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L’economia della Campania va avanti grazie ai fondi pubblici del Pnrr: i rapporti Bankitalia e Svimez

Pubblicati i rapporti Bankitalia e Svimez: in Campania la lenta crescita economica è dovuta principalmente ai fondi statali del Pnrr e del Zes.
A cura di Vincenzo Cimmino
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Immagine di repertorio
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La contenuta crescita economica della Campania passa attraverso i finanziamenti pubblici. Una situazione, quella tra comparti in lieve rialzo e settori in crisi, che emerge dai rapporti Bankitalia e Svimez pubblicati in queste ore. A fare da volano, per entrambi gli studi, sono stati per la maggiore i fondi del Piano nazionale ripresa resilienza. È solo grazie a loro – 15 miliardi di interventi, latitano invece i contribuiti privati – se il Prodotto interno lordo della regione campana è più alto rispetto a quello registrato in media al Nord. Ma andiamo con ordine.

Per Bankitalia "l'economia campana cresce in maniera contenuta"

Bankitalia segnala che "l'economia campana cresce in maniera contenuta". A fare da traino, sempre per effetto dei fondi Pnrr, è il settore delle costruzioni: le spese per le opere pubbliche sono aumentate del 13%. Con gli incentivi statali – per scuole, strade e impianti sportivi – si prova ad arginare il calo dell'industria, a meno 0,5% del valore aggiunto, e a frenare la crisi delle esportazioni (del 2,5%) dovuta all'emergenza del settore automotive. Un meno 39,6% dovuto ai conflitti, alla crisi energetica e alla paura di dazi. Una dinamica generale che fa segnare poi il 2,3% di crescita dell'occupazione, superiore alla media nazionale, con un maggiore numero di assunzioni.

Diminuiscono le ore di lavoro, aumentano quelle di cassa integrazione

Un aumento registrato in particolare nelle costruzioni e nei servizi, come sottolineato nel rapporto. Per i lavoratori dipendenti l'incremento è dovuto alle nuove posizioni a tempo indeterminato. Per addetto, inoltre, diminuiscono le ore lavorative e crescono quelle di cassa integrazione, con queste ultime che hanno interessato di più il comparto produzione pelli e i mezzi di trasporto. Il calo dell'inflazione dal 5,3% al 2,3% ha invece un riscontro positivo sul potere di acquisto delle famiglie, con il principale indicatore che è la compravendita immobiliare, con l'1% in più di spesa. Il 7% delle famiglie campane – l'incidenza è circa tre volte superiore alla media nazionale – ha avuto inoltre accesso all'assegno di inclusione, la misura che dal 2024 sostituisce il reddito di cittadinanza e che mira a contrastare povertà ed esclusione sociale.

Il mercato del lavoro e le famiglie

L'aumento delle occupazioni, sia alle dipendenze sia autonomo, influisce sul reddito delle famiglie, che di conseguenza aumenta. L'indebitamento dei nuclei familiari è cresciuto al ritmo dell'anno precedente a quello di riferimento, sostenuto dall'aumento del credito al consumo (un finanziamento a privati per l'acquisto di beni e servizi, oppure per disporre di liquidità) ed è aumentata anche l'erogazione per i nuovi mutui, in connessione sempre all'aumento della cessione degli immobili.

In base alle stime dell’Osservatorio Findomestic, sono aumentati gli acquisti di beni durevoli (mezzi di trasporto, articoli di arredamento, elettrodomestici), seppure in misura più contenuta rispetto alla media nazionale; i consumi di questi beni sono stati sostenuti anche dall’aumento della spesa per l'acquisto di automobili usate. Secondo i dati dell’Associazione nazionale filiera automobilistica, in Campania le immatricolazioni di autovetture nel 2024 sono rimaste stabili rispetto all’anno precedente. Nei primi mesi del 2025, invece, l’andamento delle immatricolazioni è stato negativo, analogamente all’ultimo trimestre dell’anno precedente.

Svimez: la Campania è quarta per aumento del Pil

Per il rapporto Svimez, pubblicato annualmente dall'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, la Campania è tra le prime quattro regioni per aumento del Pil nel 2024. Con l'1,3% è dietro solo a Piemonte e Sicilia, entrambe all'1,5%, e quindi alla regione Lazio, al primo posto con l'1,8%. Fondamentali, oltre ai finanziamenti del Pnrr, i due miliardi investiti grazie alla Zes unica, la Zona economica speciale al cui interno le imprese possono beneficiare di diverse agevolazioni. Quello che però il rapporto segnala, e che fa suonare l'allarme, sono i lavoratori poveri nel Sud, circa 1,8 milioni di persone sotto la soglia di reddito di 7.300 euro annui, definiti anche working poor.

Occupati a tempo determinato possibili working poor

Numeri che contrastano se confrontati con la crescita dell'occupazione pari a 2,2 punti nel Mezzogiorno. Zone, quelle nel Sud Italia, che hanno risentito meno della crisi occupazionale dell'agricoltura e che hanno beneficiato della crescita degli addetti nel settore delle costruzioni. Forte la perdita di potere d'acquisto delle retribuzioni italiane, dovuta al fatto che i settori in cui ci si impiega di più sono a basso valore aggiunto: è il terziario, dal commercio alla ristorazione. Ecco spiegato il 59% degli occupati a tempo determinato possibile working poor. Bene invece il settore servizi, con un aumento medio, nella regione campana, del +1,1%. Un risultato opposto per l'industria, con un meno 1,9%.

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