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Camorra, arrestato il boss Marco di Lauro

L’arresto di Marco Di Lauro, dopo mezz’ora il clan di Secondigliano già sapeva del tradimento di Tamburrino

Il clan di via Cupa dell’Arco aveva minacciato i parenti di Salvatore Tamburrino, promettendo però immunità se l’uomo non avesse collaborato con la giustizia.
A cura di Nico Falco
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Napoli, 2 marzo 2019, primo pomeriggio. Marco Di Lauro, quarto figlio del superboss Ciruzzo il Milionario e capo del clan di Secondigliano e Scampia Di Lauro, latitante da 14 anni, è stato preso da mezz'ora, minuto più, minuto meno, in un'abitazione al quartiere Marianella, periferia Nord: operazione scattata alle ore 16, con massima urgenza, con Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza. Ma a Secondigliano, il suo quartiere, già lo sanno. E, soprattutto, il clan Di Lauro sa che è stato preso grazie a una soffiata del suo braccio destro, Salvatore Tamburrino. Tanto che la sorella di quest'ultimo viene apostrofata così per strada dalla compagna del boss Vincenzo Di Lauro: "Che cazzo ha fatto tuo fratello, ha fatto arrestare a Marco mio cognato".

La circostanza emerge dall‘ordinanza da 27 arresti eseguita nella notte scorsa dai carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Napoli contro il clan Di Lauro; tra gli arrestati, oltre a Vincenzo Di Lauro, che dopo l'arresto del fratello avrebbe assunto da solo le redini del clan, anche Tony Colombo e Tina Rispoli, che secondo l'accusa avrebbero partecipato alle attività imprenditoriali (lecite e non) del boss, fornendo il denaro anche per l'avviamento di una fabbrica di sigarette clandestina e realizzando il brand di abbigliamento "Corleone".

Il clan sapeva che Tamburrino aveva tradito Marco Di Lauro

Quando le due donne si incontrano, Tamburrino è ancora in Questura. Si è presentato poco prima, dopo aver ammazzato la moglie, Norina Matuozzo, a colpi di pistola. Dopo l'omicidio è andato dal suo avvocato e poi si è costituito. E subito avrebbe manifestato la volontà di collaborare, rivelando come prima cosa il nascondiglio del super latitante, fantasma da 14 anni e capo del clan di Secondigliano.

Sono momenti frenetici: operazione interforze organizzata in pochissimi minuti, prima che il clan abbia il tempo di reagire. Le volanti arrivano davanti all'appartamento di Marianella, dove Di Lauro vive con la fidanzata sotto falsa identità, e lo bloccano. Seguono i controlli, le perquisizioni, le formalità. Intanto la voce si sparge veloce. Anche quella del tradimento. E le conseguenze non mancano.

Salvatore Tamburrino e Norina Matuozzo
Salvatore Tamburrino e Norina Matuozzo

La casa di Tamburrino requisita e devastata

Subito dopo l'arresto di Tamburrino, viene ricostruito nell'ordinanza, alcuni affiliati ai Di Lauro sono andati a casa sua e si sono fatti accompagnare nel garage per recuperare dei telefoni cellulari. In serata i familiari di Tamburrino vengono minacciati, gli viene fatta arrivare la "ambasciata" che avrebbero dovuto lasciare il quartiere; la madre si è quindi rivolta, il giorno successivo, a Vincenzo Di Lauro, che però l'ha rassicurata: sarebbe potuta rimanere e nessuno avrebbe toccato lei e la sua famiglia.

Qualche giorno dopo, però, la casa di Tamburrino è stata devastata: televisori rubati, mobili ed elettrodomestici staccati dalle pareti, pavimenti sollevati. E la famiglia crede che quel raid fosse stato deciso dai Di Lauro perché, come dicono in alcune conversazioni intercettate, senza il loro ordine nel rione nessuno si azzarda a fare qualcosa.

Della devastazione viene informato anche Salvatore Tamburrino durante un colloquio in carcere. I parenti, senza mezzi termini, gli fanno capire che la loro vita dipende da lui: il clan è disposto a perdonare, ma a patto che non apra bocca e che non riveli i loro segreti. E lui dice di chiedere la restituzione dell'abitazione e dei soldi. Perché, ribatte, se lo stanno trattando già da infame, non ha motivo per non esserlo davvero. La famiglia lo mette poi in guardia da un avvocato: sarebbe stato lui a rivelare ai Di Lauro del suo tradimento, dicendo che già dal suo arresto avrebbe riferito al clan che stava rilasciando dichiarazioni alle forze dell'ordine.

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