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La camorra pretende i soldi, l’imprenditore in crisi si suicida. Arrestati 5 estorsori

La Polizia ha arrestato 5 persone per la morte di Giuseppe Giuliani, imprenditore di Giugliano (Napoli) che si è suicidato nel luglio 2018: sono accusate di estorsione ed usura aggravate dal metodo mafioso. L’uomo avrebbe deciso di togliersi la vita perché sommerso dai debiti, contratti proprio perché vittima di estorsione da parte del clan Ferrara-Cacciapuoti.
A cura di Nico Falco
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Era finito nel vortice dell'usura, con somme da restituire sempre più alte, e per pagare aveva chiesto prestiti a persone indicate dagli stessi estorsori. Fino a quando, ormai sommerso dai debiti, aveva deciso di togliersi la vita: è il retroscena della morte di Giuseppe Giuliani, imprenditore del settore del commercio e dello smaltimento di materiali metallici, su cui hanno fatto luce gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Napoli. In manette sono finite cinque persone, tutte riconducibili al clan Ferrara-Cacciapuoti di Villaricca (Napoli), gravemente indiziate di estorsione ed usura aggravate dal metodo mafioso.

L'ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip di Napoli, su richiesta della Dda, ed è stata eseguita oggi, 19 ottobre, dalla Squadra Mobile e dal commissariato di Giugliano – Villaricca. I destinatari sono Emilio Chianese, 57 anni, di Trentola Ducenta, Francesco Ferrara, alias Francolone, 54 anni, di Villaricca, Antonio Sarracino, 58 anni, alias Mezza Recchia, di Villaricca, Francesco Maglione, alias Didò o Din Don, 60 anni, di Villaricca, già agli arresti domiciliari, e Vincenzo Barbarisi, 57 anni, di Napoli, con un passato da appuntato scelto dei carabinieri, ora in quiescenza e già detenuto.

Le indagini erano partite dopo il ritrovamento del corpo di Giuliani, il 28 luglio 2018, in un opificio abbandonato a Giugliano in Campania, in provincia di Napoli. Gli investigatori sono riusciti a ricostruire le circostanze che hanno portato al suicidio. Hanno scoperto che l'uomo, già da tempo, era vittima di un gruppo di persone, legate alla camorra, che avevano imposto il pizzo obbligandolo a pagare anche per l'esecuzione di lavori di smaltimento dei veicoli del Consorzio Unico di Bacino per le Province di Napoli e Caserta. L'imprenditore, impossibilitato a versare i soldi richiesti, aveva dovuto chiedere un prestito ad altre persone che gli erano state indicate dallo stesso clan, con tassi usurai anche superiori al 15% mensile. A maggio erano stati arrestati i primi due estorsori.

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