“Il bimbo nero non può entrare”: e Bud Spencer abbandonò il ristorante durante le riprese di Piedone

"Il bimbo nero non può entrare". E Bud Spencer, con tutta la troupe, lasciò il ristorante per protesta. Tra i tanti aneddoti che riguardano la lunghissima carriera di Bud Spencer, ce n'è uno avvenuto durante le riprese di Piedone l'Africano. E che diventa quanto mai attuale anche nel recente presente. L'attore napoletano non ha mai tollerato il razzismo, e durante le riprese del film si ritrovò suo malgrado di fronte ad un atto di grave ingiustizia.
Il Sudafrica dell'apartheid
Siamo nel 1978, e si gira Piedone l'Africano in Namibia, che all'epoca si chiamava Africa del Sud-Ovest ed era una provincia del Sudafrica. La Namibia ebbe una particolare storia: colonia detesca dal 1884 al 1918, poi passata all'Impero Britannico dopo la prima guerra mondiale, che la "inserì" nell'Unione Sudafricana, dove restò fino al 1961, anno in cui divenne una provincia del Sudafrica, prima che nel 1990 ottenesse la piena indipendenza. Nel 1978 era dunque parte integrante del Sudafrica dove vigeva l'apartheid ("separazione", in lingua afrikaans), ovvero la segregazione razziale tra bianchi (che erano il 20% circa della popolazione) e neri (l'80% del paese), poi scardinata solo grazie a Nelson Mandela nel 1993.
"Il bimbo nero non può entrare" e la reazione di Bud Spencer
In un paese dunque dove erano severamente proibiti i contatti tra bianchi e neri, con i primi che controllavano di fatto un paese in cui erano minoranza, si presentarono al ristorante Bud Spencer e tutta la troupe, oltre ovviamente a Baldwin Dakile, il ragazzino che interpretava il piccolo Bodo, fido piccolo aiutante del "commissario Rizzo" in trasferta in Africa. E qui avvenne l'episodio contestato: perché nel ristorante, "riservato ai bianchi", il piccolo Bodo proprio non poteva entrare. Bud Spencer, in segno di protesta contro quella pratica razzista e disumana, se ne andò per protesta, seguito da tutta la troupe, tra cui un altrettanto sconvolto Enzo Cannavale. Un gesto clamoroso in un paese che considerava "normale" la segregazione razziale. E che solo 15 anni dopo ritrovò la normalità, con l'abolizione dell'apartheid.