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“Federico II ultima per il Censis? Non si valuta la didattica, ma il Pil”. L’ira del Rettore De Vivo

Arturo De Vivo, rettore della Federico II, commenta a Fanpage.it la classifica Censis che vede l’ateneo napoletano ultimo in Italia per i servizi: “La classifica non ci rende giustizia. Tra gli indicatori non si considerano la ricerca e la didattica, ma il Pil, i servizi pubblici o le residenze per gli studenti, che in Campania non sono gestite dagli Atenei, ma dall’Adisurc della Regione. Sono deluso che si scelga di valutare l’Università su parametri non congruenti. Vorremmo essere valutati per quello che effettivamente facciamo”.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Arturo De Vivo, rettore dell'Università Federico II di Napoli
Arturo De Vivo, rettore dell'Università Federico II di Napoli

“La classifica del Censis non ci rende per nulla giustizia. È chiaro che se tra gli indicatori non si considerano la ricerca e la didattica, ma il Pil, i servizi pubblici o le residenze per gli studenti, che in Campania non sono gestite dagli Atenei, ma dall'Adisurc della Regione, qualche dubbio sulla graduatoria ti sorge. Abbiamo posto in passato queste considerazioni al Censis, ma nulla è cambiato. Sono deluso che si scelga di valutare l'Università su parametri non congruenti. Questo non significa che non siamo convinti di dover migliorare i nostri servizi, ma vorremmo essere valutati per quello che effettivamente facciamo”. Non ci sta Arturo De Vivo, rettore dell'Università Federico II di Napoli, alla classifica del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) 2020-21, che vede l'ateneo fredericiano in ultima posizione (decima) tra i mega atenei statali ( con oltre 40.000 iscritti) per i servizi offerti, a 72,7 punti, pur con un miglioramento rispetto al 2019 quando era a 70 punti e in crescita su tutti i settori considerati. Nel dettaglio, per le borse di studio la Federico II guadagna ben 7 punti, passando dai 71 del 2019 a 78 punti, per Comunicazione e Servizi Digitali da 66 a 72, per Internazionalizzazione da 70 a 71, per i servizi resta stabile a 70 e per le strutture a 66, migliora l'occupabilità da 74 a 79 punti.

Professore, che ne pensa della classifica Censis?

“Ho le mie riserve, se consideriamo che meno di un mese fa, la classifica internazionale più prestigiosa, la Shanghai Academic Ranking of World Universities 2019, che prende in considerazione 1.200 atenei, di cui 72 italiani, colloca la Federico II all'8 posto in Italia e nella fascia intorno al 300esimo a livello internazionale. Questo perché gli indicatori utilizzati sono quelli della qualità della ricerca, dei docenti e l'impatto che le loro pubblicazioni hanno nell'ambito della comunità scientifica internazionale e quindi la ricaduta sulla didattica”.

Perché non è d'accordo con i parametri utilizzati per la graduatoria?

“Se per la valutazione prendiamo indicatori di contesto, servizi come alloggi, mense, Pil, tutte cose importanti, per carità, ma che non dipendono dall'ateneo, la classifica non dà un'immagine veritiera della qualità dell'ateneo. Valutare la Federico II per gli alloggi studenteschi non regge, semplicemente perché non ne abbiamo. L'Università di Salerno ha alloggi e mense, perché è nata come campus universitario. E infatti è in alto in classifica. Le borse di studio in Campania dipendono dall'Adisurc, che è un ente regionale. Per questo, è come se per 3 indicatori partissimo da zero. Non funziona in questo modo”.

Qual è l'andamento invece degli altri parametri, come l'internazionalizzazione?

“Su molti parametri siamo indubbiamente migliorati. Il nostro Ateneo ha avuto risultati lusinghieri nell'ambito dei progetti di internazionalizzazione europei con gli altri atenei, dove siamo finalisti. Abbiamo impegnato risorse importanti per l'attribuzione ad ogni dottorato di una borsa per studenti non laureati in Italia, e per sostenere soggiorni all'estero dei nostri dottori di ricerca anche senza borse. L'internazionalizzazione è alla base della politica che stiamo facendo per le Academy dove coloro che concorrono sono di vari Paesi europei ed extraeuropei, nonché per i dottorati e per i posti riservati agli studenti della Scuola Superiore Meridionale che è un nostro progetto”.

Quest'anno la Federico II si è impegnata molto anche nella didattica online a causa del Covid19, crede che questo possa essere un indicatore di qualità per l'anno prossimo?

“Io spero che questo possa essere uno dei parametri valutati l'anno prossimo. Un discorso è mettere 300 corsi online, un altro metterne 3.500 in 6 giorni, come abbiamo fatto noi. Arrivare al numero di esami e lauree sostenuti durante il lockdown, che è pari a quello dello scorso anno, è stato un grande risultato. Siamo riusciti a tutelare i diritti di tutti i nostri studenti, seppur tra tante difficoltà.Credo che per la Federico II e per il sistema universitario italiano sia stato una forte dimostrazione di capacità e di organizzazione, tale da reggere un impatto così devastante come quello del Coronavirus. Non possiamo che essere orgogliosi e non in astratto”.

Alloggi e mense per gli studenti sono comunque servizi utili per gli studenti, c'è una possibilità di sviluppo a Napoli in futuro per questo settore?

“Noi abbiamo un sistema di diritto allo studio che è regionale. Gli studentati sono regionali. Noi abbiamo utilizzato per la Scuola Superiore Meridionale lo studentato Flavio di Pozzuoli e ce ne sono altri in via Brin. Ma non sono della Federico II. Rientrano nei servizi che la Regione eroga e per cui gli studenti pagano la tassa regionale sulle tasse universitarie. Funziona così in Campania e in altre regioni. Bisognerebbe decidere se riservare una parte delle risorse della Regione per fare in modo che a questi servizi provvedano gli atenei”.

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