Cristina Frazzica morta in kayak, investitore patteggia condanna. “Navigava al triplo della velocità consentita”

Si chiude con un patteggiamento la vicenda giudiziaria relativa alla morte di Cristina Frazzica, la giovane ricercatrice di origini calabresi travolta e uccisa da una barca nelle acque di Posillipo nel pomeriggio del 9 giugno 2024, mentre era in kayak insieme ad un amico, rimasto illeso; l'avvocato Guido Furgiuele, che era stato il primo a soccorrere l'altro giovane, è stato condannato a un anno, un mese e sei giorni di reclusione con pena sospesa; la famiglia della giovane è stata risarcita dalla compagnia assicurativa titolare della polizza dell'imbarcazione dell'imputato. Il professionista, iscritto nel registro degli indagati nei giorni successivi all'incidente, aveva dichiarato di non essersi accorto dell'urto e che si sarebbe assunto le responsabilità nel caso fossero state accertate.
Cristina Frazzica morta in kayak: investitore patteggia condanna a un anno e un mese
L'incidente in mare a Napoli nel giugno 2024
Cristina Frazzica, residente a Voghera, in provincia di Pavia, dal novembre precedente era a Napoli per studiare alla PharmaTech Academy della Federico II. Quel giorno era uscita con un amico in un kayak biposto a Posillipo, nei pressi dello specchio d'acqua antistante villa Rosebery, residenza estiva del Presidente della Repubblica. Erano circa le 17:30, i due giovani si accorsero della barca che procedeva ad alta velocità nella loro direzione e si lanciarono in mare per evitarla; Cristina venne travolta e riportò ferite che non le lasciarono scampo.
"Ci sentiamo ancora totalmente inermi di fronte a quello che è accaduto – dicono, in una nota, i genitori e la sorella di Cristina Frazzica, per i quali la sentenza – seppur bassa non commisurabile alla vita di Cristina che nessuno potrà mai restituirci, ci permette però di credere un po' di più in un'idea di giustizia che credevamo persa. Per noi era importante che emergesse la verità e così è stato". nel procedimento la famiglia della vittima è stata assistita dagli avvocati Giuseppe Vacca e Domenico Mesiano del gruppo Giesse.
La barca al triplo della velocità consentita
Per i legali della famiglia Frazzica "era importante che venisse ristabilita la verità, evidenziata anche dal ctu nella sua perizia: il kayak navigava legittimamente nello specchio d'acqua in cui è stato travolto". I ragazzi, continuano gli avvocati Vacca e Mesiano, "si trovavano in una zona in cui potevano stare legittimamente e che d'estate è tra le più affollate al mondo, specie di domenica. È capitato a Napoli; poteva capitare ovunque. Sicuramente, è necessaria un'ancora maggiore sensibilizzazione sulla sicurezza in mare. È stato fatto tanto in questo ultimo anno e mezzo, ma bisogna fare di più".
Secondo quanto emerso dall'analisi della navigazione effettuata dal consulente tecnico incaricato dalla Procura di Napoli, l'ingegnere Giuseppe Coccia, l'imbarcazione "si trovava a una distanza dalla costa dove la velocità massima consentita era di 10 nodi mentre l'imbarcazione navigava a circa 30 nodi". Proprio per quella velocità elevata, la barca "ha raggiunto in pochi secondi il kayak che, a quella velocità, non ha avuto vie di fuga. Il kayak, sfortunatamente si è trovato sulla rotta di un'imbarcazione che navigava al triplo della velocità consentita a circa 300 metri dalla costa".