Alfredo Fico morto a 25 anni durante il Tso, giudice propone risarcimento a famiglia

I sanitari non sarebbero stati né negligenti né imprudenti, ma il mancato monitoraggio continuo dell'elettrocardiogramma avrebbe ridotto almeno del 20% le chance di vita di Alfredo Fico, il 25enne deceduto a Napoli nel 2019, dopo essere stato sedato e legato a letto, nell'ambito di un Tso, trattamento sanitario obbligatorio. È la conclusione a cui è giunto il Tribunale Civile di Napoli, che adesso propone all'Asl Napoli 1 un risarcimento alla famiglia della vittima, assistita dall'avvocato Amedeo Di Pietro.
La vicenda ricorda quella denunciata pochi giorni fa dalla famiglia di una 39enne napoletana (anche questa difesa dall'avvocato Di Pietro), morta lo scorso 12 settembre nello stesso ospedale, anche lei dopo essere stata sedata e legata ad un lettino nel Pronto Soccorso.
La morte di Alfredo Fico dopo il Tso
Alfredo Fico era stato ricoverato nell'Ospedale del Mare la sera del 28 marzo 2019, per una "violenta crisi pantoclastica", ovvero era in preda a un impulso a distruggere tutto quello che lo circondava; erano state le forze dell'ordine a chiedere l'intervento del 118, Fico era stato portato in ospedale e sedato.
Il giorno successivo aveva avuto un'altra crisi, gli erano stati somministrati dei farmaci ed era stato sottoposto a terapia. Una terza crisi era arrivata nella stessa giornata, intorno alle 19. Fico era rimasto in ospedale fino al 9 aprile, quando, alle 9.33 del mattino, i sanitari lo avevano trovato morto.
Proposto risarcimento alla famiglia del 25enne
I consulenti del giudice sono giunti alla conclusione che il comportamento dei sanitari dell'Ospedale del Mare "non sia stato negligente, imprudente e imperito nell'assistere alla fase critica vissuta dal Fico", ma che "nella fase postcritica, dato il quadro clinico preesistente, vi è stato un mancato monitoraggio pedissequo all'ECG (elettrocardiogramma) per lo studio del QT (che misura il tempo necessario ai ventricoli del cuore per contrarsi e poi tornare allo stato di riposo) lungo".
Questa carenza avrebbe determinato un calo delle chance di sopravvivenza del 25enne "di almeno il 20% nel senso di un migliore risultato atteso". Per l'avvocato Di Pietro, inoltre, il trattamento sanitario obbligatorio sarebbe stato praticato senza che ci fossero le autorizzazioni necessarie.