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A processo i genitori di Emanuele Sibillo per il busto del baby boss: estorsione e violenza privata

Rinviati a giudizio i genitori del baby boss Emanuele Sibillo: per gli inquirenti il busto di “Es17” rappresentava il potere del clan nel centro di Napoli.
A cura di Nico Falco
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Vincenzo Sibillo ed Anna Igenito, genitori del baby boss Emanuele Sibillo, ucciso in un agguato nel 2015, sono stati rinviati a giudizio dal gup di Napoli per la vicenda del busto che era stato collocato in un'edicola votiva nell'androne dell'edificio in cui abitano: le accuse sono di estorsione e violenza privata aggravati dal metodo mafioso (con altre persone in corso di identificazione); secondo gli inquirenti quella statua, con le fattezze del giovanissimo boss della "paranza dei bimbi", era funzionale al potere del clan.

Il padre e la madre di "Es17" erano stati indagati nell'ottobre 2021 dalla Direzione Distrettuale Antimafia in un procedimento che ruotava proprio intorno all'altarino che era stato allestito in quell'edificio di via Santissimi Filippo e Giacomo, nel centro storico di Napoli, dove abitava la famiglia Sibillo; il busto era stato collocato in una antica cappella votiva, che era stata quindi "tolta" agli altri condomini per farne un elogio al giovanissimo camorrista ucciso: oltre alla statua, come scoprirono i carabinieri durante l'esecuzione di misure cautelari, c'erano anche le ceneri. E quell'altarino aveva rappresentato la forza del clan sul territorio: in almeno una occasione, ricostruita dagli inquirenti, un commerciante vittima di estorsione era stato costretto ad inginocchiarsi lì davanti.

Tutto parte della strategia di mitizzazione che il clan Sibillo aveva messo in atto per guadagnare potere sul quartiere: ancora oggi, a 7 anni dalla morte di Emanuele Sibillo, la sua figura viene percepita in determinati ambienti come una delle più carismatiche della camorra napoletana, con una fama che è andata ben oltre l'effettiva influenza e la potenza militare del gruppo che rappresentava. La prima udienza del processo è stata fissata per il prossimo 27 settembre, i due imputati sono difesi dall'avvocato Rolando Iorio. Il busto era stato sequestrato il 29 aprile 2021 dai carabinieri del Comando Provinciale di Napoli, oggi è esposto al Museo Criminologico di Roma.

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