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A Napoli un altro negozio del centro vende il “montone di Matteo Messina Denaro”

A pochi passi dal Duomo, in un vicolo del centro di Napoli, in una vetrina ha fatto capolino un biglietto su un capo di abbigliamento: “Montone di Matteo Messina Denaro”.
A cura di Gaia Martignetti
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[Foto M.Mattaliano/Fanpage.it]
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Se un turista dovesse incamminarsi nei vicoli napoletani, in questi giorni, probabilmente dedicherebbe più di qualche secondo a una vetrina. Quella in cui, in bella vista, c'è un biglietto su un outfit che normalmente catturerebbe l'attenzione di pochi: "Montone di Matteo Messina Denaro". Il nome, che dopo l'arresto di lunedì 16 gennaio 2023 è ormai su tutti i giornali, non è la prima volta che viene utilizzato per puro scopo di marketing.

Già questa mattina un commerciante dell'area nord, usando la piattaforma di Tik Tok, aveva provato, poi scusandosi, a cavalcare l'onda della "notorietà" del capo d'abbigliamento. Potremmo immaginare facilmente che il boss, superlatitante per 30 anni, quel capo d'abbigliamento l'abbia pagato molto più di quanto lo si trovi oggi nel dedalo partenopeo. Ma non sarebbe utile. Sul foglio basta una frase per rendere "appetibile" un montone che ricorda, anche solo alla lontana, quello di MMD. In bella vista, a pochi passi dal Duomo e da negozi che vendono riproduzioni di San Gennaro, patrono cittadino che forse mai avrebbe immaginato un simile vicino.

Il biglietto, racconta qualche residente in zona, sarebbe comparso solo questa mattina e sembrava destinato a confondersi tra una serie di luoghi comuni partenopei: i panni stesi, il sangue del Santo sciolto e le strade labirintiche che conducono a tesori nascosti. Di nascosto, neanche troppo, c'è però il nome di uno dei latitanti più ricercati degli ultimi anni che si appropria di una vetrina nel cuore di una città che, a pochi metri da quella scritta, è dimora di Don Mimmo Battaglia, Arcivescovo di Napoli che della lotta alla camorra e al suo richiamo esercitato sui più giovani ha fatto caposaldo fin dalla sua nomina.

Non potremmo forse mai sapere se quel biglietto, che richiama l'abbigliamento di un capo mafioso catturato dopo 30 anni di latitanza, sia frutto di uno scherzo di cattivo gusto, una pessima trovata di marketing o altro.
Ma l'unica certezza è che in quella frase c'è il richiamo a un'immagine ben precisa, definitiva. Quel capo d'abbigliamento diventato già "icona", il boss l'ha indossato per uscire dalla caserma dei carabinieri dopo 30 anni di latitanza. Lasciandosi alle spalle una serie di covi, false identità e sangue innocente. Quello è il capo d'abbigliamento scelto da un mafioso per iniziare la sua vita non più da capo. Non più da uomo libero.

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