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“Vermi nel cibo al Cpr”: l’ennesima denuncia sulle condizioni del centro per il rimpatrio di Milano

Si tratta solo dell’ennesimo episodio di sporcizia e degrado denunciato all’interno del Centro di permanenza per il rimpatrio di via Corelli, Milano: oltre ai pasti pieni di vermi, nel tempo sono state spesso segnalate condizioni di vita disumane. “È come un girone dell’inferno, un luogo da chiudere subito”
A cura di Francesca Del Boca
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Piccoli vermi bianchi che brulicano nel sugo al pomodoro. Questo è uno dei pasti serviti al Cpr di via Corelli a Milano, il centro di permanenza per il rimpatrio del capoluogo lombardo che trattiene cittadini stranieri in attesa di procedimento di espulsione: a denunciarlo, la rete di associazioni e attivisti Mai più Lager – No ai Cpr in un post su Facebook.

"È come un girone dell'inferno"

Non certo la prima denuncia. Da tempo, ormai, il non-luogo ai margini della città, relegato nell'estrema periferia Est di Milano, è infatti oggetto di pesanti critiche e richieste pressanti di chiusura. Tra degrado, soprusi, condizioni spesso disumane segnalate da volontari, stranieri trattenuti, persino forze dell'ordine.

"È come un girone dell'inferno", le parole di un poliziotto, pronunciate pochi giorni fa al programma Striscia La Notizia. "Vengono somministrati psicofarmaci senza sapere cosa siano. E ancora atti di autolesionismo, rivolte, in tutto e per tutto come un carcere. Un luogo disumano, da chiudere".

Le richieste di chiusura del Centro di permanenza di via Corelli

I consiglieri del Partito Democratico, per questo, hanno recentemente annunciato che presenteranno un ordine del giorno per chiedere la chiusura del Centro di permanenza per il rimpatrio di via Corelli. "Chiunque è stato qui ne parla come il periodo peggiore della sua vita", era stata la segnalazione di Giovanni Motta, avvocato e attivista. "Ogni diritto, al Cpr, viene calpestato".

"Le condizioni igieniche sono terrificanti, abbiamo foto dei piccioni che mangiano dove dovrebbero mangiare i trattenuti, non c'è personale medico e paramedico, non si può chiamare liberamente". Per concludere: "Qui non c'è gente che ha compiuto un reato, ma ci si trova in una struttura che è più severa del carcere. Vogliamo che i diritti di chi finisce nei Cpr siano tutelati con quelli di ogni altro cittadino".

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