Tre sparatorie in 15 giorni, cosa sta succedendo a Rozzano e perché la Zona Rossa non è la soluzione al degrado

Che a Rozzano, comune nell'hinterland sud di Milano, ci fosse un problema legato alla sicurezza era risaputo, al punto che ad aprile il quartiere Aler è diventato Zona Rossa come previsto dal decreto Caivano Bis. Nessuno, però, si sarebbe mai immaginato una sequenza di episodi così gravi nel giro di soli 15 giorni. Nella mattinata dello scorso 29 maggio in via Glicini, nell'area delle residenze popolari della città, un 30enne è stato colpito alla schiena da un colpo di pistola. Poi ancora lo scorso 6 giugno, in viale Toscana, nel tardo pomeriggio un 25enne è stato ferito a una gamba con un'arma da fuoco e infine, nella notte tra giovedì 12 e venerdì 13 giugno, un 30enne e un 20enne sono stati feriti ancora con una pistola nei pressi di piazza Foglia.
Il neo eletto sindaco Mattia Ferretti (centrodestra) con un comunicato ha fatto sapere di aver "contattato la Prefettura per chiedere un presidio più capillare e costante del territorio", aggiungendo che "come amministrazione comunale siamo pronti a mettere in campo tutte le azioni possibili per contrastare questi fenomeni e garantire la sicurezza dei cittadini". Intervistato da Fanpage.it Leone Missi (candidato alle elezioni del 25 maggio con il centrosinistra) ha dichiarato: "L'istituzione della Zona Rossa non ha portato nessun miglioramento. Rozzano è una bomba pronta a esplodere e l'unica cosa che possiamo fare è chiedere un presidio capillare delle forze dell'ordine che rimangano sul territorio giorno e notte. I percorsi culturali andranno avviati parallelamente, ma ora siamo in una situazione di emergenza e dobbiamo mettere da parte le posizioni personali per rafforzare la nostra richiesta di aiuto straordinaria".
Qual è la situazione a Rozzano?
Già durane la campagna elettorale avevo detto che è evidente a tutti quelli che vivono a Rozzano che qui c'è un problema di sicurezza e che la città è una bomba pronta a esplodere. Stiamo vedendo in queste settimane che iniziano a esserci problemi molto seri, con episodi gravissimi di violenza.
È cambiato qualcosa con l'istituzione della Zona Rossa?
Credo che sostanzialmente non abbia portato nessun miglioramento. Anzi, in realtà c'è stata una intensificazione di episodi violenti. Non voglio legare questi avvenimento alla misura, però mi sembra chiaro che è inefficace e che non è la soluzione. L'allontanamento di soggetti conosciuti sposta solo il problema da una via all'altra, non lo risolve. Due degli ultimi tre episodi sono avvenuti proprio nei pressi della Zona Rossa che, tra l'altro, ha una durata limitata e quindi presto torneremo al punto di partenza.
Come affronterebbe lei la situazione?
Ad oggi non possono giudicare l'operato del sindaco, non gli si possono addossare colpe dopo solo poco più di 10 giorni di mandato. È evidente che le politiche che rappresenta, in continuità con quanto l'ha preceduto, non funzionano. Noi abbiamo un approccio un po' diverso, riteniamo che la repressione da sola non possa funzionare. Questo, però, è un problema che non riguarda la destra o la sinistra, ma tutti i rozzanesi. Il degrado che c'è a Rozzano è visibile, basta visitarla durante qualsiasi ora del giorno o della notte. Le persone hanno paura perché questi episodi avvengono anche con la luce del sole.
Quali soluzioni propone nel breve termine?
Ho già suggerito l'istituzione di un tavolo della sicurezza permanente a cui chiamare i comandanti delle forze locali, quindi la polizia locale, il comandante dei carabinieri, una delegazione della Prefettura e anche esponenti sia di maggioranza che di opposizione. Non c'è bisogno di una Zona Rossa, ma di un presidio capillare di forze dell'ordine che arrivano e rimangono sul territorio stabilmente per presidiarlo a ogni ora del giorno. La situazione è critica e Rozzano da sola non ha le forze adeguate per contrastare questo tipo di fenomeno.
La nostra linea deve essere quella della massima cooperazione, perché questo rafforzerà la nostra richiesta di aiuto straordinaria. Parallelamente, dovremo lavorare insieme per individuare processi alternativi, culturali, affinché non ci sia solo repressione.