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Stilista impiccata, il pm chiede 30 anni per il fidanzato: la sentenza slitta all’8 giugno

Durante la seconda discussione delle parti, il pubblico ministero Crupi ha ribadito la richiesta dell’accusa: 30 anni per Marco Venturi per aver ucciso la sua fidanzata Carlotta Benusiglio.
A cura di Enrico Spaccini
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Alcuni si aspettavano una sentenza, invece è stata ribadita la richiesta dell'accusa: 30 anni per Marco Venturi per aver ucciso Carlotta Benusiglio. Per il pubblico ministero di Milano, Francesca Crupi, gli indizi che fanno ritenere che si sia trattato di un omicidio "sono preponderanti rispetto a quelli che fanno ipotizzare il suicidio". La sentenza, probabilmente, slitterà alla prossima settimana

Gli indizi raccolti in sei anni

Il 45enne Venturi è accusato di aver ucciso la sua fidanzata, stilista 37enne, la notte del 31 maggio del 2016. Il corpo di Carlotta Benusiglio era stato ritrovato impiccato con una sciarpa ad un albero nei giardini di piazza Napoli, a Milano. A sei anni di distanza, nel processo con rito abbreviato, la pm è tornata a elencare tutti gli elementi che la portano a pensare all'omicidio: i filmati delle telecamere, la presenza di lui sul "luogo del delitto" con lei che cerca di rientrare a casa ma si accorge che le chiavi le ha lui e perciò è costretta a deviare verso il parchetto al centro della piazza. In questa seconda discussione, dopo che il procedimento era stato sospeso per via della perizia chiesta dal giudice per le udienze preliminari Raffaella Mascarino sui video delle telecamere della zona, la pm ha ricordato anche il pesante litigio, l'ennesimo, che aveva animato la loro serata e le varie versioni fornite dallo stesso Venturi. Per Crupi, la versione "vera", il 45enne non l'ha mai veramente raccontata. La richiesta a 30 anni è stata confermata anche dai legali della famiglia di Carlotta, Gian Luigi Tizzoni e Pier Paolo Pieragostini.

La sera del 31 maggio 2016

Al momento, quello che accadde quella notte resta ancora un mistero. La perizia informatica sui video delle telecamere della zona era stata richiesta per capire se si è trattato di un artefatto, ovvero un semplice gioco di luci e ombre dovuto alla deformazione dell'immagine. Due mesi di analisi e confronti che hanno portato alla conclusione che quell'ombra è solo un "artefatto da compressione", dovuto al movimento della camera stessa e non alla proiezione della sagoma di un corpo che si muove. E non, quindi, dell'assassino di Carlotta. I secondi in cui appare nel video sarebbero troppo pochi per pensare che potesse essere l'ombra di una persona.

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