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Sfrattare il Leoncavallo potrebbe servire a far spazio a palazzi lussuosi: “Così si cancella la storia di Milano”

Da oltre 30 anni il Leoncavallo occupa in modo abusivo una vecchia fabbrica abbandonata in via Watteau. Per 132 volte il centro sociale ha organizzato presidi antisfratto che ogni volta hanno rinviato la data dello sgombero, ma probabilmente il trasferimento ci sarà, presto. Giuseppe Servino, ricercatore dell’Università Bicocca di Milano, ha fatto di Greco il centro del suo dottorato in scienze demoetnoantropologiche. Intervistato da Fanpage.it, ha spiegato come si è evoluto il quartiere “dalle due anime che non riescono a comunicare” e il timore dei residenti per “l’ennesimo condominio con gli affitti alle stelle”.
A cura di Enrico Spaccini
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Il centro sociale Leoncavallo in via Watteau a Milano (foto da LaPresse)
Il centro sociale Leoncavallo in via Watteau a Milano (foto da LaPresse)

Il 15 maggio 2025 è stato rinviato per la 132esima volta lo sfratto del Leoncavallo. Da oltre 30 anni il centro sociale più importante di Milano occupa una vecchia azienda cartiera in via Watteau, nel quartiere Greco, tra Bicocca e Maggiolina. Nonostante i vari presidi che circa ogni due mesi riescono a spostare lo sgombero a data da destinarsi, la fine dell'esperienza grechese del Leoncavallo sembra prossima. Da quando il Ministero dell'Interno è stato condannato a risarcire per oltre 3 milioni di euro la società ‘L’Orologio srl' del gruppo Cabassi proprietaria dello stabile, lo sfratto è diventato solo una questione di tempo: non si sa quando, ma arriverà.

Mentre le associazioni che animano il centro sociale cercano una soluzione con il Comune per proseguire con le attività, i residenti di Greco si pongono domande. "Il quartiere è forse tra i più interessanti di Milano", racconta a Fanpage.it Giuseppe Servino, ricercatore dell'Università Bicocca di Milano che ha fatto di Greco il centro del suo dottorato in scienze demoetnoantropologiche: "Negli ultimi anni molti imprenditori hanno concentrato qua i loro investimenti approfittando dei costi più bassi rispetto al centro città. Il risultato è un quartiere fatto di due anime che ancora non riescono a comunicare tra loro come dovrebbero. Il Leoncavallo non è altro che una vecchia fabbrica rigenerata in 30 anni di occupazione abusiva, ma è circondato da condomini nuovi, ciascuno con il proprio giardino privato e gli affitti alle stelle. Il timore è che al posto del centro sociale possa sorgere un'altra struttura residenziale e che questo porti all'eliminazione di quello che il Leoncavallo rappresenta e ha rappresentato per Milano".

Il murales 'Barrio Greco' (foto di Fanpage.it - Enrico Spaccini)
Il murales ‘Barrio Greco' (foto di Fanpage.it – Enrico Spaccini)

Non si parla molto del quartiere Greco, ma è sufficiente percorrere alcune delle sue strade per notare come negli ultimi anni abbia acquistato un'attenzione particolare da parte di investitori del ramo immobiliare. Come se lo spiega?

Nell'arco di un centinaio di anni Greco è passato dall'essere un comune della periferia di Milano, che si chiamava appunto Greco Milanese, fino a diventare a tutti gli effetti un quartiere della città. Il nucleo grechese originario sopravvive nella zona della piazza centrale, dove sorge la chiesa, ma le aree esterne al tracciato ferroviario si sono adeguate ormai da tempo al modello della Milano che avanza. L'agricoltura di sussistenza delle cascine ha lasciato il posto all'industria pesante, con realtà come Pirelli, Magneti Marelli, Breda e altre ancora.

Oggi Greco utilizza quasi gli stessi strumenti della grande città che costruisce e che appalta a non si sa chi: un colonialismo neoliberale che accetta fondi da fuori come fosse una cosa di poco conto. Ci sono strutture, come il Theorema Building, che sorge proprio di fronte al Leoncavallo, che puntano su un immaginario che richiama lo slogan: ‘La tua nuova casa alle porte del centro di Milano'.

Quindi Greco non si può più considerare periferia, ormai è parte della città.

Per il mercato immobiliare forse è ancora periferia, ma ormai Greco viene dipinta come fosse Milano-città. Cosa che stona un po' se si considera come è collegata con il centro. La metropolitana non passa di qua. Per arrivare a Greco bisogna prendere l'autobus. Per esempio la linea 43, che fa capolinea nella piazza centrale ma che è tra quelle che ha subito più tagli di tutte.

Guardando le foto storiche, qua veramente prima era tutta campagna. Non c'era niente, si è sviluppato tutto attorno alla chiesa e l'identità di quartiere in qualche modo è rimasta. Già nel 1966 Adriano Celentano, che in molti considerano grechese, quando cantava Il ragazzo della via Gluck, che sta a due passi da qui, raccontava che ‘Là dove c'era l'erba, ora c'è una città'. Il rischio è che tra 10-15 anni Greco non esisterà più e diventerà una fermata per i mezzi di trasporti pubblici, come è già successo con Gorla, Turro, Precotto e molti altri.

Com'era Greco negli anni in cui si è trasferito qua il Leoncavallo?

Il Leoncavallo è arrivato qui nel 1994, quando il sindaco era Marco Formentini. A partire dalla sua giunta, la politica si è dimostrata sempre miope davanti a questa realtà. Gabriele Albertini e lo stesso Beppe Sala hanno avviato dialoghi che a volte sembravano fruttuosi, ma poi sono tornati tutti sui propri passi.

Il Leoncavallo di per sé è cambiato molto quando è diventato SPA, ovvero uno spazio pubblico autogestito, nei primi anni 2000. Prima quando si organizzavano le serate non c'era posto per parcheggiare, ora il nucleo è folto ma non è la stessa cosa.

Il presidio antisfratto di marzo 2025 (foto da LaPresse)
Il presidio antisfratto di marzo 2025 (foto da LaPresse)

Pensa che questo sia dovuto a un qualche tipo di disinteresse da parte dei giovani?

Non credo si tratti di disinteresse. Qui c'è ancora la sensazione che avvenga qualcosa di importante, ma l'attenzione si sta spostando su altre strade, come i social, e questo porta anche a una presenza più frequente di artisti anche affermati (da Neffa, a Cosmo, passando per Ensi, Venerus, e molti altri, ndr). La partita del centro sociale non si gioca più sulla dimensione di quartiere.

Rispetto al passato si è ridotto il tempo medio che una persona riesce a vivere a Milano, non si sviluppa più un radicamento con la città. Soprattutto in questo quartiere si avvicendano tante persone che, però, ci vengono solo a vivere, perché poi lavorano in centro.

Camminare per via Watteau è un'esperienza singolare. Da un lato c'è il Leoncavallo, ovvero un'ex cartiera occupata da 30 anni, e dall'altro Theorema Building, dove un bilocale viene affittato a 1.500 euro al mese più spese condominiali. Poco più avanti l'Art Building, un'altra struttura residenziale, arredata al suo interno con opere d'arte, separata da un altro complesso di appartamenti, con tanto di polo commerciale, solo dai binari della ferrovia che attraversano il quartiere.

Se ci mettiamo al centro della strada possiamo vedere da un lato la speculazione immobiliare che parla alle ‘business people' e dall'altro la città che, anche attraverso pratiche illegali come l'occupazione e, secondo alcuni, l'imbrattamento, cerca di resistere. È un'istantanea di una ferita aperta, dove si può vedere come la discussione sul futuro di Milano si sta polarizzando tra chi cerca di renderla una città-vetrina e chi vuole mantenere un'identità. Greco non è più periferia, ma non è ancora Milano. Vedo il quartiere più come una frontiera.

Non so se il Leoncavallo verrà veramente abbattuto, l'associazione delle Mamme Antifasciste durante l'ultimo presidio antisfratto ha parlato delle trattative che si stanno portando avanti con il Comune per il trasferimento. Bisogna, però, ragionare sul significato che potrebbe avere per la città non solo lo spostamento, se ci sarà, ma anche come questo verrà fatto. E nel caso in cui non dovesse avvenire, come si andrà avanti.

Il quartiere come vive la presenza del Leoncavallo?

In realtà viene visto e non visto, in un certo senso forse tollerato. Le opinioni delle persone cambiano a seconda della loro vicinanza al centro. Magari c'è chi non riesce a dormire la notte per la confusione che si genera durante gli eventi, ma c'è anche chi vede in modo positivo la presenza di una realtà che mantiene viva una discussione. Di certo, i fruitori non sono i residenti di Greco. Spesso chi popola le serate viene da altre parti della città. Comunque nessuno prende torce e forconi per mandarli via.

Vedere condomini di pregio spuntare come margherite e realtà identitarie come il Leoncavallo venire messe in discussione sembra come se Milano stesse dicendo a quest'ultime "siete fuori posto, non fate parte della città del futuro".

Forse sì, ma dipende da cosa s'intende. Se parliamo di un ‘sei fuori posto, vattene' e quindi vengono eliminate le tracce di quello che è stato, diventa un problema, una sorta di damnatio memoriae urbana. Se, invece, il discorso è di legalizzare un'esperienza che per 50 anni, tra tutti i problemi che ci sono stati, ha portato avanti battaglie importanti, è un'altra cosa.

Ma quindi chi è l'intruso a Greco e, se vogliamo, a Milano? L'investitore o il cittadino?

Più che scovare l'intruso, bisogna capire chi è il grande assente, chi avrebbe dovuto regolare questa situazione. In poche parole, valutare il ruolo della politica e come sta gestendo l'evoluzione della città. Già in altre zone di Milano è successo che l'investitore ha avuto la meglio sul cittadino.

Riprendiamo per un attimo come esempio Art Building. Il progetto era stato ideato dall'imprenditore ed ex consigliere regionale Giorgio Pozzi ed era stato inaugurato nel 2019. Un evento al quale aveva partecipato anche il sindaco Beppe Sala e che aveva mostrato al potenziale acquirente le opere d'arte che erano state collocate al suo interno. Dopo appena due anni, nel 2021, 14 di quegli appartamenti sono stati messi all'asta e ancora oggi, guardando il citofono, tra le varie targhette molte ancora riportano la dicitura: ‘Appartamento 1, Appartamento 2' e così via. Cosa ne sarà dello stabile occupato dal Leoncavallo se dovesse venire sgomberato? Ci dobbiamo aspettare un altro condominio?

Questi palazzi nuovi vengono pubblicizzati come pensati per le ‘business people' o per le giovani coppie, tra l'altro in un Paese in cui l'andamento demografico che va sempre più verso gli 80 anni e con gli affitti che sono sempre più alti. La paura di chi vive in zona è proprio questa, che quando il Leoncavallo non ci sarà più butteranno giù la vecchia cartiera e forse faranno sorgere l'ennesimo condominio.

E guardando a quello che è successo nel quartiere nella storia recente, è l'ipotesi più probabile. Forse questo periodo di stallo, sia per quanto riguarda lo sgombero sia dal punto di vista legislativo con il blocco del Salva Milano, potrebbe tornare utile all'imprenditore per ragionarci un po' meglio.

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