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Rapporto Ecomafia 2020, Lombardia prima regione per numero di arresti per reati ambientali

Stando al rapporto Ecomafie 2020 reso pubblico da Legambiente, la Lombardia è la prima regione d’Italia per numero di arresti legati ai reati ambientali registrati nel 2019: da sola conta 88 ordinanze di custodia cautelare, più di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia messe insieme. Anche al Nord, nella maggior parte dei casi, risulta coinvolta nei reati ambientali la criminalità organizzata.
A cura di Giorgia Venturini
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È la Lombardia la regione con più arresti per reati ambientali nel 2019. A rivelarlo è il rapporto Ecomafie 2020 reso pubblico oggi venerdì 11 dicembre da Legambiente. Stando ai dati analizzati dall'associazione, la regione del Nord da sola ha registrato 88 ordinanze di custodia cautelare, collezionando più arresti per reati ambientali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia messe insieme, ferme a 86 ordinanze in tutto. Il dato può essere letto in due modi: la Lombardia si conferma al centro dei traffici illeciti per lo smaltimento dei rifiuti e del ciclo del cemento, ma allo stesso tempo i numeri dimostrano come il contrasto verso questi reati si sia rafforzato nel tempo.

La criminalità organizzata coinvolta nella maggior parte dei casi

Al vertice della classifica delle regioni in cui si commettono più reati ambientali restano invece le regioni del Sud, in ordine Campania, Puglia, Sicilia e Calabria: in tutto in Italia nel 2019 le illegalità in questo settore sono state 34.648, alla media di 4 ogni ora. Del resto questo mercato illegale è capace di movimentare un business con numeri da capogiro: il guadagno ottenuto dall'ecomafia è stimato in 19,9 miliardi di euro per il solo 2019. Ancora una volta, protagonista di questi reati è la criminalità organizzata: a spartirsi la torta, insieme ad imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, nel 2019 sono stati 371 clan, 3 in più rispetto all’anno prima. La mano invisibile della mafia è presente in tutti i settori ambientali anche in Lombardia: dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle energie rinnovabili e alla distorsione dell’economia circolare.

Nel 2019 in Lombardia 668 reati nel ciclo dei rifiuti

Stando sempre ai dati analizzati da Legambiente e resi pubblici dalle forze dell'ordine e dalle Capitanerie di porto, nel 2019 i reati nel ciclo dei rifiuti in Lombardia sono stati 668 con 873 persone denunciate e 82 arrestate. Nel dettaglio, la provincia lombarda al vertice di questo traffico illecito è Brescia con 161 reati e altrettante persone denunciate. Restano invece fermi a zero gli arresti, mentre i sequestri sono 43. Segue Milano con 64 reati registrati sempre nel ciclo dei rifiuti. E ancora: Varese (48 reati), Bergamo (44) e Pavia (35). Numeri, quelli provinciali, che potrebbero essere molto più alti se si considera che sono esclusi i dati dei carabinieri. Solo lo scorso ottobre in Lombardia una maxi operazione della Direzione distrettuale antimafia di Milano aveva portato alla luce 24mila tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente in vari impianti del Nord Italia tra Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Nel corso delle indagini sono stati denunciati in stato di libertà 7 indagati e sono state sequestrate 7 aziende nel settore del trattamento dei rifiuti.

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Brescia la provincia con più reati nel ciclo del cemento

Altro settore in Lombardia dove abbondano i reati ambientali è quello del ciclo del cemento. Per il report Ecomafie 2020 di Legambiente, nel 2019 in Lombardia questi illeciti hanno toccato quota 760 e hanno coinvolto 796 persone poi tutte denunciate. Per solo quattro di queste però sono scattate le manette. Fermi invece a quota 36 i sequestri. E come per il ciclo dei rifiuti, è Brescia la provincia lombarda a registrate più reati nel ciclo del movimento terra. Sul triste podio c'è anche Pavia con 115 reati, poi Lecco con 109 e Como con 102.

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Legambiente: Le mafie puntano agli appalti pubblici

Sui reati ambientali mette in guarda forze dell'ordine e cittadini Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità Legambiente, che venerdì mattina ha presentato il rapporto durante un incontro online: "Una particolare attenzione dovrà essere dedicata agli investimenti in appalti e opere pubbliche, anche alla luce delle ingenti risorse in arrivo dall'Europa attraverso il Next generation Eu". E poi ha aggiunto: "I dati che pubblichiamo in questo rapporto dimostrano come in tutti i casi di scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose (29 quelli ancora oggi commissariati, dei quali ben 19 sciolti soltanto nel 2019 in tutta Italia) il principale interesse dei clan è proprio quello di condizionare gli appalti di ogni tipo, dalla manutenzione delle strade alla gestione dei rifiuti. Un fenomeno che s’intreccia con quello della corruzione".

De Raho: Frenare i reati ambientali vuol dire ridurre l'inquinamento

Del resto reati ambientali e criminalità organizzata sono sempre andati a braccetto anche al Nord. Per questo i controlli devono essere massimi, anche perché oggi la tutela del territorio in fatto di ambiente incide sui cambiamenti climatici. Come ha ribadito il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho: "L'ambiente è diventato una priorità in assoluto per l'intero globo. Basti pensare che il ciclo illecito dei rifiuti contribuisce a inquinare il nostro territorio e pertanto deve essere fermato con norme che impongano un maggior contrasto al fenomeno. Anche l'anno scorso avevo ribadito l'importanza di trasformare contravvenzioni nel settore ambientali in delitti, garantendo così sanzioni più gravi". Poi il procuratore aggiunge: "Quando parliamo di ambiente parliamo anche di criminalità organizzata che si inserisce nel settore agricolo. Bisogna controllare l'intera filiera della produzione per bloccare l'infiltrazione delle mafie". Al Sud, così come al Nord.

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