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“Quale terza ondata, qui la seconda non è mai finita”: allarme negli ospedali in provincia di Varese

“Sentiamo parlare di rischio terza ondata, ma qui la seconda non è mai finita”. È l’avvertimento del direttore generale dell’Asst Valle Olona, che gestisce gli ospedali di Busto Arsizio, Saronno e Gallarate. Tre centri della provincia di Varese, la più martoriata dal coronavirus in autunno. “La curva si è appiattita, sta iniziando una leggera discesa. Ma attenzione”, spiega Eugenio Porfido, “la quota di ricoverati è ancora alta, gli assembramenti vanno assolutamente evitati. E la riapertura delle scuole è un rischio”.
A cura di Simone Gorla
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"Sentiamo parlare di rischio terza ondata, ma qui la seconda non è mai finita. La curva si è appena appiattita, stiamo avendo un lento miglioramento, ma nei reparti abbiamo ancora 270 pazienti Covid arrivati nelle ultime settimane. Quello che temiamo è un nuovo picco della seconda ondata, e arriverà se non manteniamo la massima attenzione". Eugenio Porfido è il direttore generale della Asst Valle Olone, l'azienda sanitaria che comprende gli ospedali di Busto Arsizio, Saronno e Gallarate. Tre centri della provincia di Varese, attualmente la più martoriata dal coronavirus in Lombardia, con numeri più alti anche di quelli di Milano. Intervistato da Fanpage.it, Porfido invita tutti alla massima prudenza in vista del Natale. Perché qui, spiega, nonostante la zona gialla in vigore da domenica e il lento miglioramento nei numeri, la situazione è ancora preoccupante.

Direttore qual è la situazione dei ricoveri Covid nei vostri ospedali?

Abbiamo una riduzione dei ricoverati che va avanti da una settimana. Inoltre c'è un calo della pressione sui pronto soccorso per quanto riguarda i pazienti covid o sospetti covid. La curva si è appiattita, sta iniziando una leggera discesa. Ma attenzione: siamo ben lontani della situazione in cui eravamo alla fine della prima ondata.

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Non siamo ancora usciti dall'emergenza?

Nella nostra Asst il picco massimo è stato di 360 ricoverati Covid sui tre presidi. Oggi il dato è di 270. Quindi c'è un calo evidente, ma anche numeri ancora molto alti. Dopo la prima ondata eravamo arrivati ad avere solo qualche caso isolato, nel reparto di malattie infettive. Oggi non siamo ancora fuori. Non c'è una discesa netta, siamo in fase di stabilizzazione. Durante le festività la scarsa attenzione può costarci molto caro.

Cosa rischiamo, una terza ondata?

Più che una terza ondata, direi una nuova fase della seconda ondata. Nella prima, superato il plateau, c'era stata una netta riduzione. Ora invece la curva può ripartire, se non si osservano tutte le attenzioni. Un calo di responsabilità rischia di riaccendere ancora la diffusione del virus.

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I pazienti ancora ricoverati sono quelli arrivati a ottobre e novembre?

No affatto, sono arrivati nelle ultime settimane. Per fortuna non abbiamo più le degenze lunghissime della prima fase. La media di permanenza è di un paio di settimane. Se siamo ancora pieni è perché i malati continuano ad arrivare.

È favorevole a un lockdown o comunque a una linea dura durante le vacanze?

Tutto dipenderà dai prossimi giorni e dal senso di responsabilità. Gli assembramenti vanno assolutamente evitati. Le immagini dello scorso weekend rappresentano potenziali focolai. Posso dire che è fondamentale affrontare con la massima fermezza le prossime settimane. E attenzione alla decisione sulla riapertura delle scuole.

Le scuole aperte hanno fatto dilagare il virus?

I fatti sono chiari. È successo da noi a settembre e in Francia 15 giorni prima. La riapertura delle scuole unita al mancato potenziamento dei mezzi pubblici, senza ingressi scaglionati, ha fatto sì che pendolari e studenti siano diventati portatori del virus. Spesso inconsapevoli e asintomatici.

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È preoccupato per quello che potrebbe accadere a gennaio?

Certo. Rischiamo che il contagio avvenga prima a casa, nelle feste, e poi si diffonda a scuola. Verosimilmente andrà così, se non stiamo attenti.

E se dovessimo tornare nella situazione di novembre?

Noi abbiamo il nostro piano pandemico, che abbiamo già usato nella seconda ondata ed è uno strumento importante per pianificare gli interventi. Ma è da registrare la stanchezza degli operatori, che da mesi sono sotto pressione. Rispetto alla prima ondata, i contagi tra operatori sono stati più alti, perché nella nostra zona la trasmissione familiare è stata forte. Molti sono rimasti in quarantena o si sono ammalati, non solo quelli impegnati nei reparti covid.

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Siete pronti per i vaccini anti Covid?

Ci stiamo attrezzando. Abbiamo avuto indicazioni da Regione Lombardia, avviato un gruppo operativo di lavoro per avviare la vaccinazione sui professionisti dell'azienda, che è anche la prova generale per la vaccinazione di massa. Ci stiamo attrezzando per iniziare a fine dicembre. Stiamo anche verificando la disponibilità dei volontari a vaccinarsi.

Lei si vaccinerà?

Non tra i primi, non essendo un sanitario, ma lo farò. È uno strumento importante. Non è il solo: l'approccio preventivo non esclude quello terapeutico. Ma senza un farmaco che elimini il virus, oggi possiamo solo trattare i sintomi con eparina e cortisone, oltre a ventilare i pazienti gravi per guadagnare tempo. In questa situazione, è chiaro che il vaccino risulta fondamentale.

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