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Sgombero del centro sociale Leoncavallo

Quale potrebbe essere il destino del Leoncavallo dopo lo sgombero: le ipotesi sulla nuova sede del centro sociale

Il futuro del centro sociale milanese Leoncavallo, dopo lo sgombero di ieri giovedì 21 agosto dalla sede in via Watteau, potrebbe essere in un immobile di proprietà comunale in via San Dionigi (Porto di Mare). Ma l’iter per l’assegnazione si prospetta lungo e pieno di difficoltà, dai costi per la bonifica da amianto agli importanti lavori di ristrutturazione.
A cura di Francesca Del Boca
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Foto di Simone Giancristofaro – Fanpage.it
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E adesso, cosa succede alla storia e agli occupanti del Leoncavallo? Dopo lo sgombero esecutivo dello stabile di via Watteau 7 nel quartiere Greco, avvenuto nella giornata di ieri (ma l'operazione era prevista per il 9 settembre) dopo 31 anni di occupazione, sono in tanti a chiederselo. In primis l'associazione Mamme antifasciste del Leoncavallo, che da decenni animano il centro sociale più famoso del Paese. "Speriamo non sia la fine, per noi è un colpo al cuore", ha commentato infatti la presidente Marina Boer. "Trovo che il modo di concludere questa fase, ora, così, sia brutto e doloroso, una forzatura. Ma continueremo a cercare delle alternative".

L'immobile, un ex cartiera a due piani, è stato così riconsegnato alla società proprietaria L’Orologio s.r.l., di proprietà degli immobiliaristi milanesi Cabassi, già risarcito dal Ministero dell'Interno lo scorso 26 marzo per oltre 3 milioni di euro a causa dei mancati sgomberi, rinviati centinaia di volte per "ragioni di ordine pubblico" e per consentire di portare avanti le lunghissime trattative tra Comune, occupanti e proprietari. Contrattazioni finite in un nulla di fatto? Non proprio. Sul tavolo resta infatti ancora aperta l'ipotesi di interesse per un immobile di proprietà comunale in via San Dionigi, zona Rogoredo/Porto di Mare. Ma a che punto è la questione?

L'occupazione della sede di via Watteau 7

Facciamo un passo indietro. Quella che fino a poche ore fa è stato il cuore del centro sociale Leoncavallo, in via Watteau 7 viene occupato nel 1994, dopo lo sgombero della storica sede originaria di via Leoncavallo 22 (quartiere Casoretto) occupata nel 1975: si tratta di un ex stabilimento tipolitografico in zona Greco, di proprietà della famiglia Cabassi che, per i primissimi anni, non richiede lo sgombero dell'immobile, che sorgeva in un'area sottoposta a vincolo di destinazione industriale (e quindi dal basso valore immobiliare).

Le trattative con Giuliano Pisapia e lo sfratto del "Leonka"

Dal 2000 la famiglia Cabassi, proprietaria della struttura di via Watteau, torna però a chiedere insistentemente di rientrare in possesso dell'immobile. Negli anni successivi viene più volte annunciato lo sfratto e lo sgombero, mentre le trattative proseguono con la mediazione dell'amministrazione comunale. Viene addirittura ipotizzata la costituzione di una cordata di "garanti", tra i quali la famiglia Moratti.

Le trattative si riaprono con il sindaco arancione (ex deputato di Rifondazione Comunista) Giuliano Pisapia, nel 2011. Qui viene previsto uno “scambio”: a fronte della cessione della sede di via Watteau, col quale si doveva risolvere l’annosa questione del "Leonka", la società L’Orologio dei Cabassi avrebbe avuto l’assegnazione di una ex scuola comunale in via Zama, da ristrutturare e destinare a scopi commerciali. Ma non se ne fa niente, e il sindaco Sala non porta più avanti la questione. I proprietari, stufi di aspettare, vanno così per le vie legali, chiedendo lo sfratto e un maxi risarcimento milionario al Ministero dell'Interno e all'associazione Mamme Antifasciste.

La possibile nuova sede del Leoncavallo in via San Dionigi

Dopo 20 anni di tentativi di mediazione, oltre 130 avvisi di sfratto e lo sgombero di ieri, resterebbe però ancora aperto (pur con molte difficoltà) il dialogo con il Comune di Milano. I gestori del Leoncavallo hanno infatti già presentato una manifestazione d’interesse pubblico per ottenere un altro spazio da 4mila metri quadri, l'immobile di proprietà del Comune ubicato in via San Dionigi (zona Porto di Mare/Rogoredo). Un percorso che, però, non si prospetta lineare. "Trent’anni di complessità culturale e logistica non si possono trasferire con uno schiocco di dita, soprattutto in uno spazio che non è adeguato a ricevere quest’eredità", sono state le parole degli occupanti. Lo stabile abbandonato necessita infatti di bonifica da amianto, nonché di importanti lavori di ristrutturazione e messa a norma: costi ingenti che non potrebbero certo gravare sul centro sociale, ma che dovrebbero essere sostenuti dallo Stato o da un intervento privato.

Senza contare che il bando pubblico dello spazio non è ancora stato pubblicato, verosimilmente a seguito della paralisi scatenata dall'inchiesta della Procura sull'urbanistica, rendendo l'intera operazione incerta e senza reali garanzie. Tutto può ancora essere, insomma. "Chiediamo alla Prefettura e alla Questura di Milano di unirsi al confronto già in essere tra le Mamme Antifasciste del Leoncavallo e il Comune per aprire un tavolo risolutivo sia sull’agibilità dello spazio di via San Dionigi e che sulla tempistica di questo trasferimento forzato, data la dilatazione dei tempi necessari per la bonifica del sito che presenta gravi criticità", sempre gli occupanti.

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