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Professione contact tracer, il “cacciatore di positivi” di Milano: “La mia vita stravolta dal Covid”

Quella del contact tracer è una professione particolare, che da più di sette mesi, con la pandemia di Coronavirus, è diventata fondamentale: “La nostra attività è importante perché consente di isolare le persone e di evitare che il virus si diffonda”, spiega a Fanpage.it Marino Faccini, direttore dell’area Malattie infettive dell’Ats Milano. “Sono sette mesi che io e il mio team non abbiamo più una vita privata”.
A cura di Ilaria Quattrone
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Marino Faccini, il direttore di Malattie Infettive dell'Ats di Milano
Marino Faccini, il direttore di Malattie Infettive dell'Ats di Milano

Quella del contact tracer è una di quelle professioni fondamentali, soprattutto in epoca di pandemia, ma poco conosciute. Di quelle da cui dipendono le sorti del mondo, ma che si esegue dietro una scrivania. Di quelle che ogni minuto è prezioso e fondamentale. E proprio per questo motivo a Marino Faccini, direttore dell'area di Malattie infettive dell'Ats (Agenzia di tutela della salute) di Milano, non dispiace essere definito "il cacciatore dei positivi". Anche perché in fondo è quello che fa da ormai più di sette mesi. Sicuramente né Faccini né il suo team pensavano che, nella notte tra il 20 e il 21 febbraio, la loro vita sarebbe cambiata così radicalmente.

La mia vita è stata completamente stravolta

"La mia e quella del mio team, è una vita che è stata stravolta", spiega Faccini a Fanpage.it. "Sono sette mesi che non abbiamo più una vita privata. Arriviamo la mattina e torniamo a casa la sera e durante il periodo clou dell'epidemia di Coronavirus lavoravamo anche di più: sette giorni su sette senza mai riposarsi". La sua è una professione che richiede tanti sforzi e sacrifici e che non può essere fatta senza un minimo di passione: "Se non hai una motivazione forte non puoi fare questo mestiere. Nel nostro caso – prosegue Faccini – il motivo che ci spinge a continuare è la tutela della salute pubblica, ma è davvero difficile soprattutto per le nostre famiglie, che vediamo davvero poco". Il sacrificio e la forza di volontà non possono che unire. E Faccini lo sa bene: "Ormai siamo una famiglia. Viviamo tutti i giorni insieme e non possiamo che esserlo. Mi ritengo molto fortunato sia per questo che per il fatto di avere una équipe tutta al femminile".

Dall'inchiesta epidemiologica all'assistente sanitario: in cosa consiste il mestiere del contact tracer

Ma in cosa consiste il mestiere del contact tracer? L'attività principale è quella di fare le interviste ai casi positivi: "La nostra attività è importante perché consente di isolare le persone e di evitare che il virus si diffonda", continua il direttore. La figura più importante è quella dell'assistente sanitario, che telefona alle persone e su cui si regge l'intero sistema. "Noi riceviamo la lista e poi l'assistente sanitario inizia a rintracciarli per dare inizio all'inchiesta epidemiologica. Facciamo quindi una serie di domande per capire chi sono i loro contatti stretti e quali sono state le loro frequentazioni. Se ne hanno avuto tante dobbiamo farci dare la lista delle persone che hanno visto", afferma Faccini. La parte più difficile arriva però quando bisogna spiegare quali sono le misure che i casi sospetti e/o positivi devono rispettare: "Non è facile dire alle persone che dovranno rimanere in isolamento. Di solito c'è comprensione e disponibilità, ma tante volte incontriamo un po' di resistenza e anche qualche arrabbiatura. È comprensibile – racconta Faccini – considerato che questa notizia ha un impatto sulle persone perché devono stare in quarantena e devono farlo anche le persone che hanno incontrato". Molti provano a convincere Faccini e il suo team a non poter stare in isolamento: "Tanti parlano di esigenze lavorative – precisa il direttore – o ci chiedono di accelerare il percorso di guarigione, che però non può essere ridotto. Altri domandano se sia possibile trasferirli in altri posti". Purtroppo infatti capita che alcune persone positive si trovino a Milano per esigenze lavorative e che quindi non abbiano una casa: "Purtroppo non possono tornare perché l'abitazione è in un'altra città o magari fuori Regione. E loro non possono prendere i mezzi pubblici. Questo crea diversi problemi e a volte si percepisce la loro disperazione".

Test rapidi salivari, Faccini: sarebbero una grande agevolazione

Nonostante la grande forza d'animo che dimostra, Faccini non nasconde un velo di preoccupazione: "Sia noi che i medici di famiglia dobbiamo essere in grado di reggere l'intero sistema. Loro perché hanno il primo contatto con le persone e devono essere bravi e attenti nell'evitare di chiedere tamponi senza criterio e noi nello svolgere il nostro mestiere. C'è la possibilità che la vita di tutti venga semplificata", continua Faccini. Secondo il direttore infatti potrebbero essere introdotti a più livelli i test rapidi eseguiti tramite saliva: "Il tampone richiede alcune ore, i risultati non sono immediatamente disponibili e in più deve essere eseguito in un ambulatorio o laboratorio che possiedono certi macchinari e requisiti. Il test su saliva invece richiede solo una macchina con piccolo kit posizionato nello studio del medico di famiglia o in punti in cui non è necessario avere persone fisiche e il risultato si ha in 15 minuti, massimo 30 minuti. Questa – conclude il direttore – sarebbe un'agevolazione e confidiamo che con questo sistema si possa dare una risposta subito e in modo semplice".

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