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Omicidio di Giulia Tramontano

Omicidio Giulia Tramontano, oggi il processo d’Appello: ecco come Impagnatiello punta alla riduzione della pena

Condannato all’ergastolo in primo grado nel novembre del 2024, Alessandro Impagnatiello punta in Appello a far cadere le due aggravati di crudeltà e premeditazione: l’obiettivo è quello di evitare il massimo della pena, rivedendo la precedente sentenza.
A cura di Francesca Del Boca
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L’avvocata che difende Alessandro Impagnatiello, Giulia Gerardini
L’avvocata che difende Alessandro Impagnatiello, Giulia Gerardini
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Evitare l'ergastolo facendo cadere le aggravanti di crudeltà e premeditazione. È questo il dichiarato obiettivo della difesa di Alessandro Impagnatiello, rappresentata dall'avvocata Giulia Gerardini, che in occasione del processo d'Appello previsto per oggi, mercoledì 25 giugno, punta a una riduzione di pena per il suo assistito: l'ex barman, infatti, il 25 novembre 2024 è stato condannato in primo grado proprio all'ergastolo per aver ucciso con 37 coltellate  la sua fidanzata incinta nell'appartamento che i due condividevano a Senago (Milano), per poi incendiarne il cadavere e spostarlo per giorni tra il box, la cantina e il bagagliaio dell'auto, prima di abbandonarlo in un'intercapedine. La giovane, quel giorno, aveva appena scoperto la sua storia parallela con una giovane collega, dipendente come Impagnatiello dell'Armani Cafè in Montenapoleone.

La premeditazione: "Impagnatiello voleva solo uccidere il feto"

L'omicidio di Giulia Tramontano, per la difesa, non fu un "agguato", ma un "susseguirsi di errori", senza la "minima pianificazione", commessi da un uomo con una relazione parallela che in "cuor suo avrebbe voluto interrompere la gravidanza" della compagna e non ce l'ha fatta perché la sua "personalità narcisistica" gli ha impedito di "deludere gli altri" e di rovinare quindi "l'immagine perfetta che ha sempre voluto dare di sé", finendo "travolto dal suo immenso castello di bugie".

E quindi, nonostante i numerosi tentativi di avvelenamento della donna con bromadiolone e altre sostanze chimiche, lo scopo di Impagnatiello sarebbe stato in fondo "solo" quello di "provocare l'aborto" di Giulia Tramontano, e non "causarne la morte" come sostenuto dai giudici in primo grado, secondo i quali il barman avrebbe in realtà "accarezzato l'idea di sbarazzarsi della compagna già da dicembre 2022″, quando lei gli aveva rivelato di essere incinta: un intervallo temporale di quasi sei mesi durante i quali Impagnatiello "non ha mai abbandonato quel proposito criminoso" ma "lo ha fatto crescere e maturare dentro di sé, mentre in via parallela e speculare si intensificava e consolidava la relazione segreta" con la collega.

Secondo la difesa il 32enne voleva insomma che il piccolo "sparisse", e per questo le continue ricerche effettuate dal barman sul web dal dicembre 2022 a poche settimane prima del delitto si erano concentrate su aborti, feto, gravidanza (ma anche su "quanto veleno è necessario per uccidere una persona"): in questo contesto, quindi, la decisione di tenere il bimbo nonostante i dubbi iniziali "fu fortemente condizionata dalla sua volontà di non deludere la propria famiglia e quella della Tramontano, avendo visto tutti felici della notizia". 

L'aggravante della crudeltà

Per quanto riguarda l'aggravante della crudeltà, invece, riconosciuta dai giudici della Corte d'Assise? Le 37 coltellate inferte alla fidanzata incinta al settimo mese, per l'avvocata Giulia Gerardini, sono frutto di un'azione lesiva "commessa con rapidità", esplosione di "rabbia e aggressività slatentizzate", con "colpi portati in rapida sequenza e ravvicinati". Tutto il contrario di quanto sostenuto dalla Corte d'Assise di Milano, che ha spiegato come Giulia Tramontano abbia in realtà "realizzato che con lei moriva anche il bimbo che portava in grembo" (morto dopo che il cuore della madre aveva cessato di battere).

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