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Suicidio Davide Paitoni, uccise figlio di 7 anni

Nella mente dei padri che uccidono i figli: i bambini come armi per ferire. Il caso di Davide Paitoni

Li chiamano padri sterminatori perché sono uomini totalmente incapaci di raffrontarsi con il disgregamento della famiglia. Non percepiscono il dolore dei bambini, ma li considerano vere e proprie armi per ferire. Ecco cosa passa nella mente dei padri che uccidono i figli, come nel caso di Davide Paitoni.
A cura di Anna Vagli
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Davide Paitoni, 40 anni, ha ucciso il figlio di sette anni. Lo ha accoltellato alla gola, ha nascosto il corpo esanime nell’armadio e ha provato ad uccidere l’ex moglie. Paitoni si è scagliato contro il soggetto più fragile della famiglia, quello più debole ed indifeso. Ha privato della vita il sangue del suo sangue. E lo ha fatto nel più brutale dei modi. Trovandosi ristretto agli arresti domiciliari, aveva chiesto ed ottenuto il permesso di passare il Capodanno con il suo bambino. Uno scenario che, verosimilmente, era stato studiato nei minimi dettagli dall'uomo. Tutto con lo scopo precipuo di punire la madre e riaffermare la propria mascolinità sul disgregato nucleo familiare. Approfondiamo meglio le dinamiche criminologiche alla base di questa devastante manifestazione di figlicidio.

 Nella mente dei padri che uccidono

Li chiamano padri sterminatori perché sono uomini totalmente incapaci di raffrontarsi con il disgregamento della famiglia. Una separazione, un divorzio. Torti tremendamente intollerabili da sopportare. Disgregamenti familiari che, nella maggior parte dei casi, sono stati loro stessi a provocare. La separazione dal partner viene dunque percepita come un inaccettabile mutamento dei ruoli di genere. Per questa ragione l’obiettivo di questi spietati assassini è quello di riacquistare e riaffermare il potere sul nucleo domestico. Un dominio che, in verità, desiderano recuperare soprattutto in relazione alla madre dei loro figli. Che, nella quasi totalità dei casi, è la loro ex.

E ancora. Sono uomini che non percepiscono il dolore dei bambini, ma li considerano vere e proprie armi per ferire. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di delitti premeditati. Come verosimilmente quello commesso da Paitoni, che aveva espressamente chiesto di trascorrere l’ultimo giorno dell’anno con il figlio. Inoltre, laddove viene meno il gesto estremo, come in questo caso, i padri che uccidono non provano né rimorso né senso di colpa. Al contrario, esperiscono sollievo. Un sollievo che nasce nel momento in cui il controllo sulla ex viene ristabilito sottraendo la cosa che le è più cara al mondo: il figlio generato.

L’arma del delitto

L’arma del delitto usata da Davide Paitoni non smentisce la casistica. I padri sterminatori uccidono con armi tribali, prediligendo soprattutto quelle da punta e taglio. Colpiscono i loro figli nel sonno o inveiscono contro di loro attingendo alla loro gola. Come Davide. Più raramente invece ricorrono all’uso di pistole o fucili oppure alla defenestrazione.

Più letali che i femminicidi

Quando un padre uccide un figlio disintegra la madre, la annulla. Per questo motivo i figli non si riducono più esclusivamente a vittime di violenza assistita, ma diventano bersagli della furia omicida. Vittime preferenziali concepite come estensioni dei loro avambracci, come oggetti che non possono sottrarsi all’impero familiare costruito del padre.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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