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Leoncavallo sgomberato senza avvisare il Comune di Milano? Bussolati: “Una svolta autoritaria del governo”

Il centro sociale Leoncavallo di via Watteau a Milano è stato sfrattato dopo 133 rinvii. Intervistato da Fanpage.it Pietro Bussolati, consigliere regionale Pd della Lombardia, ha commentato: “Gravissimo non aver informato prima il Comune, è stato un atto di autorità impositiva da parte del governo”.
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Pietro Bussolati (foto da Facebook)
Pietro Bussolati (foto da Facebook)

Questa mattina, giovedì 21 agosto, in via Watteau a Milano è andato in scena lo sfratto dello storico centro sociale Leoncavallo. Un'operazione che era stata rinviata già 133 volte sin dal 2005 e che, in realtà, era attesa per il prossimo 9 settembre. "La questione poteva risolversi già 10 anni fa con uno scambio di aree", ha spiegato a Fanpage.it Pietro Bussolati, consigliere regionale Pd della Lombardia, "oggi invece c'è stato un intervento da parte di Piantedosi, un pessimo ministro degli Interni che sta lasciando Milano molto sola, e del ministro Salvini che vogliono sfruttare questa vicenda per cercare di dimostrare una presenza che invece dovrebbe esserci nel contrasto alla microcriminalità di tutti i giorni". Intanto, il vicepresidente del gruppo Pd al Senato, Franco Mirabelli, ha annunciato che verrà chiesto con un'interrogazione al ministro Piantendosi di "spiegare la scelta di sgomberare il Leoncavallo tenendo volutamente all'oscuro il Comune di Milano".

Il sindaco Sala ha fatto sapere di non essere stato informato del fatto che lo sfratto si sarebbe tenuto proprio oggi. Cosa significa, dal punto di vista politico, non comunicare in anticipo all'autorità locale un intervento così importante?

Lo trovo gravissimo, un atto di autorità impositiva fatto per di più con i festeggiamenti di un ministro, cioè Salvini, che per anni si è raccontato come federalista per rafforzare il ruolo delle amministrazioni locali come protagoniste delle azioni anche verso Roma. Oggi invece festeggia il fatto che non venga neanche informata l'amministrazione, che tra l'altro stava trovando una soluzione che facesse rientrare lo spazio nella legalità. Percorso che, spero, non venga in alcun modo fermato. È importante che gli spazi sociali trovino forme di legalità per esprimersi.

Sala ha anche aggiunto che proprio ieri c'è stato il solito incontro del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica durante il quale, però, non si sarebbe fatto alcun accenno all'operazione di oggi. È possibile che prefetto, questore, comandante dei Carabinieri e tutti gli altri membri del Comitato non sapessero del blitz?

Mi sembra difficile e, anzi, mi sembra un atto di grave irresponsabilità non avviare un dialogo con il Comune, non informare e non rispettare neanche i termini che erano stati precedentemente dati. C'era tutto il tempo per evitare questa situazione di imposizione di autorità che non aiuta nessuno.

Ritiene che ci sia stata una chiara indicazione in merito da parte del governo?

Senza dubbio. Diciamo che fa rima con l'abbandono di Milano da parte di Piantendosi, che sta cercando di mettere in difficoltà il sindaco così che la destra lo possa attaccare politicamente, quando invece dovrebbe attaccare il proprio ministro degli Interni che si perde per strada i criminali che dovrebbero essere assicurati alla giustizia.

Non informare il Comune di Milano vuol dire anche non avere il supporto della polizia locale, che invece di solito coadiuva polizia e carabinieri durante le manifestazioni di ordine pubblico.

Si torna alla questione di prima. Quando alcuni giorni fa c'è stato l'incidente che ha portato alla morte di una donna al Gratosoglio (Cecilia De Astis, ndr), a intercettare i ragazzini che guidavano l'auto è stata una Volante della polizia locale, anche se questo non è stato riconosciuto da nessuno. Credo che il ministro dell'Interno debba farsi un grande esame di coscienza rispetto alla sua capacità di presidiare la sicurezza in una città come Milano, quando i casi di questa estate hanno dimostrato una capacità del Comune di garantire la sicurezza quasi maggiore rispetto a chi è preposto a farlo.

È possibile che il ministero temesse un'opposizione da parte del Comune?

Sì. Hanno voluto anticipare i tempi e farlo in agosto proprio per poter mettere la bandierina politica. Bandiera che invece andrebbe messa nella collaborazione istituzionale per riuscire ad assicurare i criminali alla giustizia, non per sgomberare spazi che sono in un percorso di legalità col Comune di Milano.

Da alcuni lo sgombero del Leoncavallo è stato anche accostato all'inchiesta sulla gestione dell’urbanistica a Milano. Pensa ci sia un nesso tra le due vicende?

Questa è l'altra faccia della medaglia del tentativo di mettere la bandierina su una vicenda che meriterebbe pragmatismo e attenzione. In questo caso da sinistra, con grande miopia, c'è chi confonde chi sta cercando una soluzione di dialogo, percorso che è stato riconosciuto anche dall'associazione Mamme Antifasciste del Leoncavallo, e dirigenti nazionali che si permettono di legare cose che non c'entrano niente come l'inchiesta sull'urbanistica per descrivere una Milano distante dai problemi sociali. Viene dimostrata così una incapacità di capire chi sono gli avversari e chi, invece, sta cercando di lavorare nell'interesse di una città attenta ai bisogni sociali e pubblici.

E se in futuro il governo volesse prendere decisioni diverse rispetto a un ente locale, lo farà senza informare l'amministrazione del posto, come accaduto per il Leoncavallo?

Sì, questo è il problema. Fa specie che proprio all'interno di un governo dove ci dovrebbe essere il leader di un partito che ha fatto del federalismo la sua bandiera, ci sia invece il massimo di una svolta autoritaria e romanocentrica. Peraltro, una svolta che non va a colpire i veri problemi della sicurezza in una grande città come Milano.

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