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La storia di Lucia, che ha perso il lavoro dopo 30 anni: “Invio curriculum ogni giorno, nessuno risponde”

“Lo Stato ha il dovere di aiutare chi, non per sua scelta, è finito in disgrazia”: a dirlo a Fanpage.it è Lucia, 54 anni e residente a Corsico che nel 2018, dopo 30 anni, ha perso il suo posto di lavoro.
A cura di Ilaria Quattrone
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Ha lavorato nello stesso posto per trent'anni e poi, a causa del fallimento di una holding che controllava il suo negozio, ha perso il suo impiego. Quella di Lucia, 54 anni e residente a Corsico (Milano), è – purtroppo – una storia come tante altre: centinaia di cittadini che, dopo anni di sacrifici, non riescono più a re-inserirsi nel mondo del lavoro. Dopo centinaia di curriculum e telefonate, Lucia ha deciso di scrivere a Fanpage.it per raccontare quanto è costretta vivere da quel maledetto 2018.

Dall'annuncio del fallimento alla vertenza al sindacato

In quell'anno, una delle holding del gruppo per il quale Lucia lavorava, ha dichiarato fallimento: lei, come tanti altri in Lombardia, rischiavano il posto. Per evitare che centinaia di dipendenti finissero in mezzo a una strada, sono intervenute due importanti catene. Queste ultime non hanno voluto acquistare il punto vendita in cui lavorava Lucia e pertanto il titolare, che per mesi non aveva ricevuto il canone dall'azienda precedente, non ha voluto affittare il negozio: la società subentrata alla vecchia non aveva quindi alcun obbligo di assorbire Lucia e i suoi colleghi. Dopo trent'anni passati a lavorare sempre per la stessa azienda, si è ritrovata con nulla in mano: "Hanno chiuso il negozio da un giorno all'altro: ci hanno inviato un messaggio e abbiamo dovuto chiedere il permesso alla Questura per poter tornare dentro e prendere la nostra roba personale. Il sindacato – racconta a Fanpage.it – ha ricollocato più di cento e rotte persone, ma di quella filiale nessuno. Sono stata l'unica a fare la vertenza per essere ricollocata da qualche parte, ma nonostante questo non è successo nulla. Provo ancora rabbia verso il sindacato perché nonostante abbia chiesto aiuto, la causa è finita in nulla: ho avuto un piccolo risarcimento di duemila euro, escluse tasse. Ed è finita così".

La Naspi, la pandemia e il reddito di cittadinanza

Lucia ha poi ricevuto la Naspi (indennità mensile di disoccupazione) per venti mesi e non per ventiquattro: "Ogni tot di mesi di sospensione da lavoro, come accaduto a noi in attesa che svolgessero tutte le pratiche per il fallimento e la nuova acquisizione, viene tolto – precisa a Fanpage.it – un mese di Naspi perché risulti essere in "attesa di un lavoro". Una volta chiusa la vertenza, la 54enne ha iniziato a cercare lavoro, ma senza alcun risultato: "Convivo con il mio compagno che è un piccolo artigiano. Dal 2018 – spiega a Fanpage.it – tutte le spese sono state a suo carico, poi però è arrivata la pandemia: abbiamo vissuto con la mia Naspi e poi con il Reddito di cittadinanza. Adesso ha ripreso a lavorare, ma il suo è un impiego molto altalenante e non ce la facciamo".

Lucia: Non ho mai ricevuto alcuna offerta di lavoro

Lucia percepisce infatti la famosa misura, attualmente al centro di diverse polemiche, adottata per contrastare la povertà: "L'ho preso da novembre e fino a gennaio e poi nuovamente ad aprile. Per due mesi non l'ho percepito per un errore della commercialista. Nonostante io lo riceva, mi sia iscritta al centro d'impiego del comune di residenza e abbia mandato svariate e-mail, non sono stata inserita nelle liste Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro) e quindi non ho mai ricevuto alcuna offerta di lavoro. Preferirei percepire di gran lunga uno stipendio che il reddito".

"Grazie al reddito riesco a pagare il mutuo"

Per Lucia, la misura è molto utile – considerato che grazie a quello riesce anche a pagare il mutuo di casa – , ma presenta delle falle: "Non fa incontrare (tramite navigator/centro impiego) la domanda e l'offerta perché non c'è l'incrocio di dati – spiega a Fanpage.it – e soprattutto manca un sistema obbligatorio di ricollocazione per gli over 50". Una carenza dovuta all'assenza di politiche pubbliche considerato anche che le aziende non ricorrono al collocamento pubblico.

Nessuna risposta ai curriculum

Nonostante le difficoltà di questi anni, Lucia non si è arresa e ha continuato a mandare curriculum: "Sono alla disperata ricerca di qualsiasi tipo di lavoro, ma non ho mai ricevuto alcuna risposta. Mi hanno contattato per qualche lavoro a chiamata, lavori per due giorni o al massimo dieci giorni, ma come si può vivere in questo modo?". Le domande sono tantissime, forse troppe: "Il problema qual è l'età? Non riesco a capacitarmi. Sono molto arrabbiata. Mando curriculum quasi ogni giorno, ho scritto anche ad alcune aziende chiedendo di non prendermi in giro e di spiegarmi il motivo per cui ignorano le mie richieste. È perché non ho le competenze per fare la scaffalista? Non serve mica una laurea".

"Lo Stato ha il dovere di aiutare chi è finito in disgrazia"

La rabbia di Lucia è percepibile ed è indirizzata soprattutto nei confronti di chi avrebbe dovuto prendersi cura di lei: "Lo Stato ha il dovere di aiutare chi, non per sua scelta, è finito in disgrazia. La dignità di ogni essere umano passa dal lavoro e dal giusto compenso per poter vivere dignitosamente. I furbetti e i truffaldini esistono da sempre. È necessario fare più controlli, non togliere il reddito di cittadinanza a chi ne ha veramente bisogno. Chi pensa il contrario, dovrebbe provare l'angoscia che sale quando non si riesce a pagare alcuna spesa. Lo Stato e il sindacato devono ripartire dal lavoro a dall'idea che la necessità di questo non diventi sfruttamento".

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