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“Ho dovuto scegliere tra essere mamma o politica”: consigliera comunale si dimette a Monza

Francesca Dell’Aquila è stata per anni consigliera comunale a Monza per il partito Democratico. Nei giorni scorsi si è dimessa dall’incarico politico perché non potendo seguire le sedute del consiglio da remoto, non le era possibile stare vicina alla sua bambina nata tre mesi fa.
A cura di Chiara Daffini
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Francesca Dell'Aquila, ex consigliera Pd a Monza
Francesca Dell'Aquila, ex consigliera Pd a Monza

Francesca Dell'Aquila è stata per anni militante del Partito democratico e consigliera comunale a Monza. Nei giorni scorsi sono arrivate le dimissioni dall'incarico politico, che, vista l'impossibilità di seguire le sedute del consiglio da remoto, non le consentiva di stare vicina alla sua bambina nata tre mesi fa.

(Ex) consigliera Dell'Aquila, come è arrivata a questa decisione?

È stata una scelta non formalmente ma sostanzialmente obbligata per rispetto del ruolo che ricoprivo e degli elettori che mi hanno votata, nonché dell'intera cittadinanza, per non lasciare vacante il posto in aula, stante la recente maternità e avendo una bambina ancora piccola, di tre mesi e mezzo.

In che modo l'incarico da consigliera non si conciliava con la maternità?

Una bambina così piccola ha costante bisogno della sua mamma e non era possibile per me portarla nella sede del consiglio comunale, ambiente che non può essere frequentato da una neonata, per di più in orario serale, in inverno, per tante ore. Tra la fine della gravidanza e le prime settimane di vita di mia figlia avevo già fatto diverse assenze e non volendo farne altre, ho deciso di rassegnare le dimissioni che sono irrevocabili.

Aveva provato a proporre un'altra soluzione?

Durante la gravidanza mi sono posta il tema su come conciliare sia la gravidanza nella sua parte finale sia i primi mesi della bambina. E allora, vedendo che altri Comuni consentivano la partecipazione alle sedute da remoto, ho proposto questo tipo di operazione anche da noi, per poter continuare ad adempiere il mio dovere. Il riscontro è stato positivo in termini di consapevolezza del tema, però nei tempi e nei modi non altrettanto, dal momento che l'unica soluzione prospettata era una modifica dell'intero regolamento del consiglio comunale, con tempi di uno o due anni.

Come si è sentita?

Mi sono sentita un po’ con le spalle al muro, sola nel dover decidere, nel prendermi la responsabilità della scelta se continuare nel mio ruolo, ma male, oppure lasciarlo per senso del dovere. Da un punto di vista personale, anche dopo tanti anni di militanza, chiaramente è stata una decisione sofferta e presa a malincuore.

Che idea si è fatta di questa situazione?

Ritengo che queste situazioni come la mia, che coinvolgono tutte le donne e che rientrano nella normalità della vita personale e sociale debbano essere viste come normali e non come qualcosa ‘da gestire', magari grazie alla collaborazione degli altri. Se non lo si fa è come se fosse un diritto mancato per una donna che è mamma e che, alla stregua degli uomini-padri deve avere il diritto di poter frequentare le aule del consiglio comunale. Quindi è un discorso di parità di genere fintanto che non nasce il bambino, dopo diventa una questione anche di tutela della genitorialità.

Qual è stata la reazione della politica?

Da parte del Pd regionale e da parte del Pd provinciale mi hanno assicurato la piena attenzione su questa tematica e la voglia di lavorare, tanto che il gruppo consiliare in cui operavo, quello del Pd di Monza, ha annunciato l'intenzione di rivedere in maniera accelerata il regolamenti del consiglio, condividendolo con le altre parti politiche. Quindi, se questa vicenda ha portato almeno a un confronto e potrà agevolare in futuro altre donne politiche e neomamme, sono felicissima.

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