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Fanghi e gessi di defecazione nei campi della Lombardia, interpellanza al ministro delle Politiche agricole

La Lombardia è la Regione in cui arrivano più fanghi di depurazione da tutta Italia: nel territorio, il 97 per cento dei fanghi viene trasformato in gessi, sui quali esistono meno limiti e controlli. Per questo la deputata dei Cinque stelle Barzotti ha inviato un’interpellanza al ministro delle Politiche agricole.
A cura di Ilaria Quattrone
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Il problema dello spandimento dei fanghi e dei gessi, utilizzati come fertilizzanti nei campi agricoli, è ricorrente in alcune regioni del Nord Italia. In particolare per la Lombardia dove arrivano i fanghi da tutta Italia. Prima di affrontare la questione spandimento, è necessario fare un passo indietro: i fanghi arrivano dalla depurazione delle fogne e possono essere utilizzati come concime in agricoltura. Sui fanghi esiste una normativa che impone dei limiti ben precisi.

Perché le aziende utilizzano i gessi

Per questo motivo, da un po' di tempo diverse aziende fanno ricorso ai gessi di defecazione. Questi ultimi sono il prodotto del processo di trasformazione dei fanghi stessi. Secondo la legge, i gessi possono circolare liberamente sul territorio ed essere utilizzati come fertilizzanti. Il trasporto e lo spargimento spesso viene offerto gratuitamente agli agricoltori, ignari di ciò che quel prodotto contiene. L'assenza di una normativa che faccia riferimento ai gessi ha contribuito a far emergere alcune attività illecite.

L'interpellanza dell'onorevole Barzotti

Ed è proprio per questo motivo, facendo riferimento a tre casi giudiziari (quello del comune San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona, l'indagine sull'azienda Wte in provincia di Brescia e quello della ditta Var in provincia di Pavia) che è nata un'interpellanza presentata dall'onorevole del Movimento 5 Stelle, Valentina Barzotti, e indirizzata al ministro per le Politiche agricole e forestali, Stefano Patuanelli: "L'interpellanza nasce perché la questione fanghi è una battaglia che è sempre stata portata avanti dal Movimento 5 Stelle. È una battaglia carissima e che noi – spiega a Fanpage.it – vogliamo continuare a portare avanti mantenendo alta l'attenzione". Quello che l'interpellanza chiede è che i gessi vengano normati: "Mentre i fanghi hanno una loro normativa datata 1992 – continua la deputata – il gesso no". Nell'interpellanza poi si fa riferimento anche alla salute e alle molestie olfattive con le quali i cittadini sono costretti a convivere: "Il senso dell'interpellanza è di mantenere un'attenzione alta e anche degli interventi normativi che possano aggiornare e uniformare la normativa sul tema".

La richiesta dei cittadini

Molti cittadini, che vivono nelle zone in cui vengono spansi in maniera massiccia fanghi e gessi, chiedono una maggiore trasparenza anche per tutelare quelle imprese che non ricorrono a questi tipi di fertilizzanti. Tra le proposte c'è quella di creare un bollino che attesti che un'azienda sia "senza gessi": "Certamente può essere un modo per riconoscere un prodotto – spiega il deputato del M5s Alberto Zolezzi a Fanpage.it -, ma bisogna tenere conto di un aspetto: il fango di depurazione in qualche modo va gestito e un fango gestito bene, può essere un arricchimento per il suolo. È chiaro che se tu non hai la tracciabilità non devi dire quando, dove e quanti ne spandi mentre il fango di depurazione è normato, il gesso non ha praticamente limiti". Alcune Regioni hanno istituito l'obbligo di informare i sindaci e le province per spandare i gessi: "L'Emilia Romagna – continua Zolezzi – è un esempio e da quando c'è le cose vanno meglio, non bene ma meglio rispetto a prima. La Lombardia ci ha provato, ma in maniera un po' strana chiedendo di spandere più liquami, una cosa che portava a inquinare di più".

In Lombardia il 97 per cento dei fanghi trasformati in gesso

L'onorevole spiega che la maggior parte dei fanghi viene trasformato in gessi: "In Emilia Romagna il 95 per cento di fanghi viene trasformato in gessi e in Lombardia siamo attorno al 97 per cento. Non essendo obbligato a tracciare, è difficile risalire poi a chi spande, dove e quando e quanto. La norma consente di non dire". Oltre a normare i gessi, è necessario migliorare la normativa sui fanghi: "È chiaro che anche il decreto Genova va migliorato, ma per quanto riguarda la ricerca degli idrocarburi C10 e C40, l'Italia – continua Zolezzi – è l'unica nazione che li cerca e li limita. In Unione Europea, non lo fa nessuno". Alcuni sostengono però che queste sostanze non dovrebbero essere presenti nei fanghi: "Sarebbe meglio che non ci fossero, ma il problema è che io non so se sono idrocarburi vegetali o minerali. Una volta che si arriverà a istituire un metodo per distinguerli – prosegue l'esponente dei Cinque stelle – si potrà proporre un limite per differenziare".

Perché i fanghi non dovrebbero essere demonizzati

Per il deputato se si allungassero i tempi di compostaggio, si otterrebbero dei vantaggi: "In Germania per esempio hanno dei metodi che prevedono di lasciare a compostare il fango per tre settimane/un mese. In questo modo il fango migliora, poi con un reattore chimico viene estratto del fosforo che può essere a sua volta utilizzato come fertilizzante. Noi invece lo importiamo. Anche senza estrarlo, ma aspettando almeno un mese, il fango poi lo spandi nelle giuste quantità ed è nutrimento del terreno". Secondo l'onorevole Zolezzi, il punto fondamentale è anche un altro: "Ovviamente non sono solo i pesci piccoli, protagonisti delle ultime indagini, a occuparsi di fanghi e gessi. Anche grandi società come A2A o Acquedotto Pugliese, come emerso nell'ultimo servizio di Report, si occupano di questi. Ho i miei dubbi sul fatto che però, per quanto non vi siano prove al riguardo, un grande colosso non sappia realmente cosa accada a valle dei suoi fanghi".

Per i due deputati Cinque stelle, comunque, i fanghi non vanno demonizzati: "Vanno normati i gessi e normati in maniera più adeguata anche i fanghi. Chiederemo anche un rendiconto del decreto Genova per capire com'è andato". Per l'onorevole Barzotti è inoltre fondamentale coinvolgere di più la cittadinanza sul tema: "È un problema molto sentito dai cittadini che vivono nelle aree colpite. E per questo motivo, che c'è bisogno dell'interessamento di tutti per noi, per chi ha lottato prima di noi su questo tema e per le generazioni future che si troveranno dei campi in condizioni non ottimali".

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