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Spacciavano fanghi tossici come fertilizzanti e nelle intercettazioni dicevano: “Non abbiamo pudore”

“Siamo talmente aziendalisti da non avere pudore”: è una delle frasi raccolte dai carabinieri forestali di Brescia nelle indagini relative all’inchiesta sui fanghi tossici che hanno messo nell’occhio del ciclone l’azienda Wte. Il traffico illecito di fanghi avveniva negli stabilimenti di Calcinato, Calvisano e Quinzano d’Oglio. A essere indagate sono 15 persone che avrebbero ricavato un profitto di 12 milioni di euro per un totale di 150mila tonnellate di fanghi contaminati.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Siamo talmente aziendalisti da non avere più pudore", quei luoghi "andiamo proprio a rovinarli con i gessi" o ancora "Io ho fatto il delinquente consapevolmente": queste sono solo alcune delle parole rilevate dai carabinieri forestali di Brescia nelle indagini relative all'inchiesta sui fanghi tossici che hanno messo nell'occhio del ciclone l'azienda Wte, che si occupa di progettazione costruzione e gestione degli impianti di recupero rifiuti nonché della produzione di fertilizzanti, ammendanti e correttivi per l'agricoltura. Il traffico illecito di fanghi sarebbe avvenuto in tre stabilimenti nei comuni di Calcinato, Calvisano e Quinzano d’Oglio. A essere indagate sono 15 persone che avrebbero ricavato un profitto di 12 milioni di euro per un totale di 150mila tonnellate di fanghi contaminati.

Le indagini iniziate nel novembre 2018

Le indagini sono partite a novembre 2018 e hanno messo in luce uno schema ben studiato e collaudato che avrebbe previsto lo smaltimento illecito di fanghi, in alcuni casi contenenti sostanze inquinanti, in diversi territori del Bresciano ma anche in altre parti della Lombardia e fino in Piemonte. Dalle intercettazioni raccolte dai militari sembrerebbe che i presunti responsabili fossero consapevoli di quello che stavano facendo e dei danni che stavano provocando ai terreni e alla popolazione. Carte falsificate, agricoltori raggirati e processi di smaltimento illeciti sono solo alcune delle azioni che sarebbero state perpetrate negli ultimi anni.

Le indagini dei carabinieri forestali, in collaborazione con la Dda antimafia di Brescia, sono partite a seguito di una serie di controlli da parte di Arpa presso lo stabilimento di Calvisano. L'obiettivo dell'agenzia era quello di capire se venisse perpetrata un'illecita gestione di ingenti quantitativi di fanghi: in particolare se l'azienda utilizzasse effettivamente i reagenti necessari al recupero dei rifiuti e se rispettasse le varie fasi di smaltimento. Sulla base di quando scoperto dagli inquirenti, sembrerebbe che non venissero utilizzati né i reagenti necessari né venissero rispettati i tempi di lavorazione minimi indispensabili per completare il ciclo di trasformazione e recupero del rifiuto. Sarebbero infatti state utilizzate delle sostanze che avrebbero accelerato il processo e fatto risparmiare sui costi delle materie prime. Dalle carte degli inquirenti, emerge che il vero protagonista assoluto e il regista di tutte le attività illecite sarebbe stato Giuseppe Giustacchini – amministratore della Wte – che sarebbe ritenuto "l'ideatore e organizzatore al vertice della gestione dei fanghi". Giustacchini (tra gli indagati), avrebbe messo a libro paga Luigi Mille (anche lui tra gli indagati) per sfruttare le sue conoscenze istituzionali – persone del tutto inconsapevoli di quanto accadeva e non coinvolte nelle indagini – così da favorire la sua attività imprenditoriale.

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Gli agricoltori sarebbero stati raggirati

Lo schema messo in piedi avrebbe previsto la distribuzione dei fanghi presso numerose imprese agricole: in questo caso, gli indagati avrebbero mascherato i rifiuti spacciandoli per prodotti agroalimentari. A gestire questa attività sarebbero stati sia Simone Bianchini, un contoterzista che sarebbe stato pagato dalla Wte per trovare terreni nella Bresciana, e Antonio Carucci che invece avrebbe procurato terreni in Piemonte. Bianchini, insieme ad altre tre persone, avrebbe convinto gli agricoltori della buona qualità del materiale e avrebbe offerto – se avessero accettato di spandere i fanghi sui loro terreni – l'aratura gratuita. In questo modo avrebbe smaltito 69.163 tonnellate di rifiuti. Spesso, si legge nelle 204 pagine dell'ordinanza, avrebbero approfittato dell'età avanzata degli agricoltori, dello scarso livello culturale o delle difficoltà psichiche di alcune persone a cui si rivolgevano.

Nausea, tachicardia e impossibilità di uscire da casa

Questo smaltimento illecito di fanghi avrebbe procurato non pochi problemi alla popolazione: l'emissione di vapori e gas, con sostanze spesso inquinanti, avrebbe infatti avuto ripercussioni sulla salute e la vita dei cittadini. In molti hanno lamentato spesso nausea, congiuntivi, bruciore alla gola, tachicardia e l'impossibilità di aprire porte e finestre. Gli odori sarebbero stati causati sia dalle lavorazioni all'interno degli stabilimenti che dall'uscita del materiale dagli impianti che dal sovraccarico dei mezzi che, spesso provocava perdita del materiale lungo le vie. Gli stessi sarebbero stati consapevoli che i processi chimici messi in atto davano vita a un prodotto non idoneo. In un'intercettazione, lo stesso Bianchini avrebbe detto "Io non so cosa cazzo avete con la roba di Calvisano ma guarda che qua è irrespirabile né?" e ancora "Non ci sto in cabina eh! Mi piangono gli occhi".

Secondo gli inquirenti infine, alcuni soggetti come Carucci, sarebbero stati consapevoli – grazie alle loro competenze tecniche – del grave pregiudizio per l'ambiente e la salute causato dallo sversamento di questi fanghi. Nonostante questo non si sarebbero mai vergognati della propria condotta, ma ne avrebbero riso con i loro interlocutori: "Io ogni tanto ci penso eh… cioè chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi di Vertelli" o ancora al commento di un collaboratore sulla bellezza di un paesino del Piemonte, Carucci avrebbe detto ridendo: "Sono veramente belli … proprio paesisticamente… andiamo proprio a rovinarli con i gessi".

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