Due medici sbagliano l’operazione e tolgono il rene sano al paziente: prosciolti

Sono stati prosciolti i due medici del Fatebenefratelli di Milano che nel 2017 avevano tolto per sbaglio il rene sano a un paziente di 85 anni. La svolta nel processo arriva dopo che l'anziano, un insegnante in pensione, ha ritirato la querela trovando un accordo economico tra l'ospedale e la sua assicurazione. Così la sentenza della quinta sezione penale del Tribunale di Milano è stata di non luogo a procedere: il giudice ha deciso quindi per una questione di formalità.
Dopo l'errore, necessari altri quattro interventi chirurgici
Il fatto risale a dicembre del 2017 quando i due medici hanno tolto al paziente il rene sinistro, ovvero quello sano, non rimuovendo invece quello destro, il rene malato. Stando a quanto riporta Milano Today, l'anziano dopo l'operazione ha detto ai magistrati: "La mia vita non è più la stessa. Dopo l'intervento avevo visto che la ferita era sul fianco sbagliato e così mio figlio ha chiesto spiegazioni. I medico quando ha visto l'errore è scoppiato a piangere dalla disperazione". E poi 85enne ha aggiunto: "Dopo quel giorno ho dovuto subire quattro interventi chirurgici".
A gennaio condannata una dottoressa
Il mese scorso invece una dottoressa è stata condannata a 3 mesi, più un risarcimento in sede civile alla famiglia, per "lesioni colpose". In questo caso invece i fatti risalgono al 2014 quando ha sottovalutato i sintomi di un tumore ai polmoni a un detenuto del carcere di Opera, vicino Milano, ritardando così la diagnosi di 4-6 settimane. Allora non era stata avviata subito la terapia al dolore costringendo il detenuto a forti dolori alla schiena: il tumore alla fine ha vinto sul paziente, morto il 10 dicembre di sei anni fa. La dottoressa, che all'epoca dei fatti era in servizio in carcere, era stata rinviata a giudizio per omicidio colposo. Con la sentenza è caduta l'accusa di omicidio perché una diagnosi tumorale più accurata e tempestiva sarebbe valso al detenuto il 50 per cento di possibilità di sopravvivere al massimo due mesi in più. Mentre per i giudici la donna "avrebbe lenito le gravi sofferenze psicofisiche del paziente, migliorandone così le condizioni di vita residua".