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Deve aiutare la moglie malata ma ha finito i permessi: i colleghi gli regalano 1.800 ore di ferie

Beppe è un infermiere del Policlinico bergamasco San Marco. Sua moglie Sara è malata dal 2016 e deve starle vicino. Negli anni ha finito i permessi. In una corsa di solidarietà, i colleghi sono riusciti a regalargli 1.800 ore di ferie.
A cura di Enrico Spaccini
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Giuseppe Mora (47 anni) infermiere al Policlinico San Marco di Zingonia (foto da Facebook)
Giuseppe Mora (47 anni) infermiere al Policlinico San Marco di Zingonia (foto da Facebook)

Per Sara e Beppe i problemi sono iniziati nel 2016. Lei ha 41 anni ed è infermiera al Policlinico San Marco di Zingonia, in provincia di Bergamo. Quando sono comparsi le prime difficoltà respiratorie pensava fosse solo asma, o un qualche tipo di allergia. In realtà è una forma rara di ipertensione polmonare. Da quel giorno di sei anni fa le visite e i ricoveri sono arrivati uno dopo l'altro, sempre più frequenti.

L'infermiere Beppe: Avevo finito tutti i permessi

Beppe, 47 anni e infermiere di sala operatoria allo stesso Policlinico, piano piano termina i giorni di ferie a sua disposizione che usava per stare accanto alla moglie. "Avevo finito tutti i permessi. Non mi rimaneva che chiedere l'aspettativa, anche se l'idea di restare senza stipendio per mesi era un peso che si aggiungeva alle tante preoccupazioni legate alla malattia", racconta lui. Poi la gara di solidarietà che ha spiazzato tutti: 1.800 ore di ferie, in pratica un anno, donate dai suoi colleghi. "Sarò sempre grato a tutti loro".

Il trapianto di polmoni

Giuseppe Mora, per gli amici "Beppe", lavora al Policlinico bergamasco dal 1999. Sua moglie, Sara Vavassori, da anni combatte contro l'ipertensione polmonare, una malattia che tende ad aumentare la pressione sanguigna all'interno dei vasi arteriosi del polmone. All'inizio con i farmaci sembrava si potesse superare il problema senza grandi fastidi, ma un anno dopo la diagnosi la sua salute inizia a peggiorare. Beppe inizia a usare i giorni di ferie che ha a disposizione per stare accanto a lei e alla figlia piccola. Le condizioni di Sara, però, non migliorano e l'unica speranza diventa il trapianto di polmoni. Era il 21 giugno 2021 quando dall'ospedale di Padova arrivò la notizia tanto attesa: sono stati trovati polmoni compatibili. Intervento, due settimane di terapia intensiva e 40 giorni di ricovero. Sembra tutto finito. Sara torna a casa.

La ricaduta di Sara

L'infermiera 41enne continua a sottoporsi anche nelle settimane successive al trapianto a visite di controllo. Passano appena tre mesi dall'operazione quando "improvvisamente ha un crollo respiratorio". Beppe racconta come Sara sia stata "presa al volo e intubata d'urgenza". La diagnosi è immediata: rigetto, del grado più grave. Il 47enne deve lasciare ancora il lavoro, ma ormai ha finito le ferie. Deve chiedere l'aspettativa, il che vuol dire: niente stipendio. Chiama il suo caposala delle sale operatorie, Diego Di Vito, per capire come procedere. "Il giorno dopo mi chiama e mi dice che non c'è bisogno che io chieda l'aspettativa".

La gara di solidarietà: da 39 giorni a 1.800 ore

Gli infermieri suoi colleghi e gli operatori socio sanitari delle sale operatorie hanno offerto un giorno di ferie ciascuno: "Più di 30 giorni", ha detto entusiasta Beppe. Sono 39, per l'esattezza. Un gesto di solidarietà che in poco tempo ha coinvolto tutti, anche fisioterapisti, operai, tecnici, magazzinieri. Alla fine, hanno raccolto 1.800 ore: un anno di ferie. "Non potevo crederci, ero commosso da tutta quella solidarietà. Non lo dimenticherò mai", ha commentato l'infermiere: "Ora il mio desiderio più grande è che Sara possa ricominciare a essere quella di prima e che io possa tornare al lavoro e riabbracciare tutti i colleghi".

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