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Omicidio di Giulia Tramontano

Com’è possibile che i carabinieri non abbiano visto l’arma del delitto di Giulia Tramontano in casa

“Non riesco a capire come sia possibile che non abbiano cercato subito l’arma del delitto”: è quanto ha detto a Fanpage.it Celeste Bruno, consulente ed ex commissario di polizia relativamente al fatto che l’arma usata per uccidere Giulia Tramontano si trova nello stesso appartamento in cui è morta e che è stato perquisito diverse volte.
A cura di Ilaria Quattrone
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Nella serata di ieri, lunedì 5 giugno, Alessandro Impagnatiello ha svelato ai carabinieri dove si trova l'arma che avrebbe utilizzato per uccidere la compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi. Il coltello si troverebbe proprio nello stesso appartamento in cui la 29enne è stata brutalmente assassinata. Una notizia che ha lasciato stupiti considerato che proprio quell'abitazione è stata oggetto di numerose perquisizioni e sopralluoghi da parte delle forze dell'ordine.

Eppure, nonostante il lavoro svolto dai carabinieri, è stato il trentenne a indicare dove si trova precisamente quel coltello.

"Non riesco a capire come sia possibile che non abbiano cercato subito l'arma del delitto. Nel momento stesso in cui è stato trovato il corpo di Giulia – spiega a Fanpage.it Celeste Bruno, consulente investigativo ed ex commissario di polizia – si è svolto il primo accertamento del medico legale. L'esperto, sul posto, è in grado di poter dire quale arma sia stata utilizzata. In quel caso, si sarebbe dovuti andare a casa e sequestrare tutti i coltelli e gli oggetti simili al tipo di arma indicata dal medico".

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Secondo lei, ci sono state alcune lacune nelle indagini? 

Ci sono state alcune mancanze nelle indagini. All'inizio, considerata la denuncia presentata dal barman, è stato trattato come un caso di persona scomparsa. Non avevano alcun sospetto che si trattasse di un omicidio. C'erano alcuni messaggi che inizialmente si pensava fossero stati scritti da lei e non da lui. È stato, almeno nella fase iniziale, abile a costruire un castello di bugie. 

Probabilmente ci sono state mancanze dovute al fatto che i carabinieri di stazione, intervenuti per primi sul caso, non sono attrezzati come le squadre specializzate in casi simili. Per esempio, quando si fa un controllo in casa, si chiede se si ha un box o una cantina.

Probabilmente, la prima volta, Impagnatiello ha detto di essere in possesso solo di un box perché in cantina c'era ancora il corpo di Giulia. Quando i militari hanno scoperto dell'esistenza di una cantina, l'assassino aveva spostato il corpo nel box e i carabinieri non lo hanno ri-controllato.

Ci sono stati campanelli d'allarme tali da far capire che non si trattava di una semplice scomparsa?

Un altro elemento è dato dal fatto che chi fa il nostro mestiere sa che il novanta percento di casi di persone scomparse, terminano con il ritrovamento di un cadavere. Questo caso era diverso: una donna incinta di sette mesi, non si allontana volontariamente. Al massimo sarebbe potuta andare a Sant'Antimo, ma se parenti e amici ti dicono che non hanno notizie, devi per forza pensare che sia successo qualcosa.

Com'è possibile che l'arma non sia stata trovata subito nonostante l'intervento dei Ris?

Sicuramente è stata la 23enne a dare l'input ai carabinieri: quando i militari la ascoltano, lei li aiuta a capire che era accaduto qualcosa di grave. Quando i Ris arrivano in casa della coppia, ci vanno con l'idea che era successo qualcosa di terribile. E infatti il trentenne è crollato la sera stessa. Probabilmente se lo avessero preso già sabato, avrebbe confessato subito.

Non riesco a capire come sia possibile che non abbiano cercato subito l'arma del delitto. Nel momento stesso in cui è stato trovato il corpo di Giulia, si è svolto il primo accertamento del medico legale. L'esperto, sul posto, è in grado di poter dire quale arma sia stata utilizzata. In quel caso, si sarebbe dovuti andare a casa e sequestrare tutti i coltelli e gli oggetti simili al tipo di arma indicata dal medico.

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