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Attivisti coprono il busto di Mussolini con un sacco dell’immondizia: “Sottovalutato l’impatto negativo”

Gli attivisti di Brescia Anticapitalista hanno coperto il busto di Benito Mussolini esposto al Museo del Risorgimento con un sacco dell’immondizia. Come hanno scritto nel loro blog, esporlo senza “riferimenti esplicitamente critici al mito risorgimentale è fare cattivo servizio alla Storia”.
A cura di Enrico Spaccini
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Non più il fez nero, ma un sacco dell'immondizia. È il nuovo copricapo che gli attivisti di Brescia Anticapitalista hanno tentato di far indossare al busto di Benito Mussolini esposto al Museo del Risorgimento della città. "La scelta di esporlo era già stata contestata da più parti", spiegano nel loro blog dove hanno caricato anche il video di un membro che cerca di infilare la testa nel sacco intorno alle 17 di sabato 4 marzo.

"Sottovalutato l'impatto negativo della sovraesposizione di Mussolini"

Il blitz, che gli autori affermano essersi "svolto nella più completa tranquillità", ha portato a una discussione sulla scelta di esporre il busto del dittatore fascista in un museo dedicato, appunto, al periodo risorgimentale della storia (1796-1870). "Non che ci fosse da parte nostra il sospetto che chi ha curato l’esposizione volesse ‘riabilitare' il fascismo", scrivono gli attivisti, "ma c'è stata una sottovalutazione dell’impatto negativo che la sovraesposizione del cosiddetto ‘duce' del fascismo potesse avere sui visitatori più sprovveduti o frettolosi".

Ciò che viene contestato è innanzitutto la dimensione del busto: dalle spalle alla testa, Mussolini è alto quanto dalla vita al capo dell'attivista. "Sarebbe stato molto più saggio limitarsi a una sobria esposizione di qualche libercolo o manifesto di taglio risorgimentale del periodo fascista", affermano i membri di Brescia Anticapitalista, "che assorbisse l’attenzione dei visitatori in modo così pacchiano”.

"È fare cattivo servizio alla Storia"

In secondo luogo, quello che hanno voluto far notare è la mancanza di "riferimenti esplicitamente critici al mito risorgimentale vissuto in chiave patriottarda e imperialista". Il riferimento è il "mito" sopravvissuto nella prima metà del Novecento, che però ha contribuito ai disastri della Grande Guerra, "al patto di Londra, all’occupazione italiana di terre tedesche e slave".

Per gli attivisti, questo "è fare un cattivo servizio alla Storia, soprattutto in periodi come questo, quando gli eredi del regime fascista che da tempo stanno lavorando sullo scivoloso terreno del revisionismo storico, hanno assunto un ruolo centrale nella politica istituzionale".

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