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Alessia Pifferi non ha mai voluto essere madre, per questo ha ucciso la figlia senza sporcarsi le mani

Alessia Pifferi ha ucciso sua figlia senza sporcarsi le mani. Senza dover fare i conti con la propria coscienza. Così ha abbandonato la piccola in casa facendola morire di stenti.
A cura di Anna Vagli
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I mostri esistono? Sì, e possono indossare i panni di una madre. Quelli di Alessia Pifferi. Lasciano sgomenti i retroscena atroci che progressivamente emergono dalle indagini e che ricostruiscono la dinamica mortale. Oltre che i tratti della sua personalità diabolica.

La personalità di Alessia Pifferi

Una donna malvagia e senza scrupoli. Alessia aveva architettato il piano perfetto: la versione fornita al compagno, secondo la quale Diana sarebbe stata al mare con la sorella, e l’omicidio commesso senza sporcarsi le mani. Senza dover fare i conti con la propria coscienza. Non ha ucciso sua figlia guardandola in faccia, ma l’ha lasciata in condizioni di morire. Svestendosi completamente del suo ruolo di genitore. Ruolo che non ha mai voluto ricoprire. Come testimonia il dato per il quale si sarebbe accorta della gravidanza solamente a poche settimane dal parto. Quest’ultimo è infatti un indicatore riconosciuto dai consultori come un alto fattore di rischio. Dunque, sintomatico di una maternità non desiderata. E negata. Anche nel proprio intimo.

A questo cocktail letale si aggiunga poi la circostanza per la quale Diana era nata da una relazione clandestina. Quella bambina Alessia proprio non la voleva e non l’avrebbe mai voluta. Per questa ragione, tra i vari castelli di bugie, andava raccontando di essere una psicologa infantile. Alludendo alle sue intrinseche capacità di relazionarsi con i bambini. Totalmente inesistenti.

Diana era vista da sua madre come un fardello, un promemoria vivente che quotidianamente le ricordava l'impossibilità di condurre l’esistenza che aveva sempre desiderato. Per questo la lasciava volutamente fuori dalla vita che si era costruita con il nuovo compagno. Nella sua mente non era una madre e non lo sarebbe mai stata. Il tragico epilogo le ha dato ragione.

La verità è che la gravidanza è un’esperienza che unisce oppure disunisce la donna dal figlio che porta in grembo. Senza dubbio, poi, lo spettro della morte era già rovinosamente presente nella vita della trentasettenne. Negli ultimi mesi era addirittura arrivata a dire che sua madre era morta per Covid. Instaurando così una certa familiarità mortifera. Quella familiarità che, di lì a poco, si sarebbe concretizzata.

Gli ultimi giorni di vita di Diana

Accanto al corpo di Diana sarebbe stata rinvenuta una boccetta contenente benzodiazepine. Un ultimo gesto di pietas da parte di Alessia nei confronti della figlia? Sicuramente ciò che è accaduto alla bambina nelle ultime ore ce lo diranno  le risultanze dell’esame autoptico e gli esiti degli esami tossicologici. Senza dubbio, il dato per il quale nessuno dei vicini abbia sentito piangere la bambina porta ragionevolmente a pensare che possa essere stata sedata. Ma si prospetta una considerazione ancor più agghiacciante. Il mancato pianto di Diana potrebbe addebitarsi al forte disagio psicologico ed alla sofferenza che, ad un certo punto, potrebbero aver indotto la stessa a non disperarsi nemmeno più. In altri termini, potrebbe inconsciamente essersi lasciata andare al suo destino nefasto.

In aggiunta, un bambino di un anno e mezzo – di fronte alle fisiologiche necessità come quella di bere – sarebbe riuscito tranquillamente ad aprire il rubinetto del bidet per dissetarsi. Ma ciò, per la piccola Diana, non è accaduto. Aveva solo sedici mesi.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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