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Adottata da neonata, a 20 anni conosce i genitori biologici: “Un’idea di mia madre, è stato bellissimo”

Simona Rivellini ha 22 anni, vive a Monza ed è stata adottata a un mese dalla nascita. Di recente ha avuto modo di incontrare i suoi genitori biologici e da allora, racconta a Fanpage.it, ha iniziato un percorso su se stessa.
A cura di Chiara Daffini
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La cosa che colpisce subito di Simona è il sorriso, che regala non solo con bocca ma anche con gli occhi. E poi la voce squillante e allegra. "Sono innamorata alla follia della mia vita", dirà a Fanpage.it nel corso dell'intervista, ma la sua non è sicuramente un'esistenza ordinaria.

Ventidue anni fa

"Sono stata abbandonata in ospedale quando ero appena nata – racconta Simona Rivellini, oggi 22enne, a Fanpage.it –  Mamma e papà mi hanno adottata dopo un mese".

Per questa ragazza, laureata in graphic design e ora studentessa di psicologia nelle pause dal lavoro, mamma e papà sono le due persone che l'hanno adottata. "Li adoro e sono loro tanto grata", dice. Poi ci sono altre due persone, che l'hanno concepita e fatta nascere, ma di loro Simona non ha saputo nulla fino ai 19 anni.

Simona insieme ai suoi genitori adottivi
Simona insieme ai suoi genitori adottivi

"Mamma e papà – ricorda Simona – mi hanno sempre detto che ero stata adottata e per dirmelo mi raccontavano una storia. L’hanno proprio scritta, incorniciata. Parlava di una mamma e un papà che non riuscivano ad avere un figlio che tanto desideravano e di una bambina, io, che allo stesso modo voleva tanto avere dei genitori, ma non riusciva ad averli. Poi un giorno la vita ci ha dato l'opportunità di poterci incontrare".

La storia di Simona e della sua adozione scritta dai genitori adottivi
La storia di Simona e della sua adozione scritta dai genitori adottivi

Quel mal di stomaco che non se ne va

"Da quando avevo 11-12 anni – racconta la ragazza – ho iniziato ad avere dei forti dolori di stomaco. Era un dolore lancinante: ogni 10-15 giorni ero in ospedale a fare le flebo, perché non potevano darmi medicinali così forti da portare a casa e non si trovava una spiegazione".

"Le avevamo provate tutte – continua Simona – e i dottori dicevano che era  qualcosa di psicosomatico, legato all'adozione. Io per tanti anni non ho mai voluto crederci, perché l'ho sempre vissuta come un più, mai come un meno. Per me è sempre stata qualcosa di estremamente speciale, che mi fa sentire grata ancora di più di tutto quello che ho, perché so che avrei potuto non averlo".

"A 18-19 anni – ricorda – sono entrata a far parte dei volontari di Italia Adozione e lì ho avuto modo di capire che nell'adozione c'è anche una parte prima, che è quella dell'abbandono. E io per tutta la vita non l'avevo mai affrontata".

"Mamma, devo dirti una cosa"

"Un giorno  sono arrivata a casa e ho detto ‘Mamma, siediti perché ti devo dire una cosa: ho capito che il mio mal di stomaco effettivamente potrebbe essere psicosomatico'. E lei in quel momento mi ha risposto ‘No, guarda Simo, facciamo che ti siedi tu perché ti devo dire io una cosa”.

"In quel momento – dice Simona – la mia mamma adottiva mi ha raccontato che qualche mese prima aveva trovato un annuncio online di quella che probabilmente poteva essere la mia mamma biologica, che mi stava cercando".

"Abbiamo risposto all'annuncio e poi, qualche settimana dopo, ci siamo incontrati. Siamo stati a chiacchierare tutto il giorno, piangere, guardare le foto… Abbiamo un po’ provato a riassumere vent'anni di vite in una giornata".

"Quando ho abbracciato mia sorella maggiore mi è venuto subito da dirle ‘Sei piccolina come me' – ricorda Simona -. Per la prima volta ho sperimentato quella che la somiglianza, è stato quasi liberatorio vedere da dove arrivavano anche i miei difetti fisici, le cose che non mi piacciono di me. Per esempio – continua – io ho un seno molto piccolo, invece mia mamma adottiva ha la sesta. Oppure a me non piace il mio naso e mamma e papà hanno il naso a patata, piccolino".

"Innamorata della mia vita"

Il periodo iniziale è stato un po' complicato: "siamo stati tutti quanti presi tanto dall'euforia del momento – riflette Simona a posteriori – e abbiamo saltato tanti step. Questa cosa ci ha portato a stare tanto male tutti quanti, perché non riuscivamo a gestire le emozioni e di conseguenza avevamo rabbia repressa. Abbiamo proprio avuto bisogno di fermarci un attimo, soprattutto io".

In questo terremoto emotivo Simona chiede ai genitori biologici il perché della loro scelta dolorosa. "Le risposte – racconta la ragazza – sono state diverse, nel senso che la mia mamma biologica ha una sua storia e il mio papà biologico ne ha un'altra. E quindi io la verità ad oggi non la so".

"Ma – continua – li giustifico, perché nel momento in cui ti trovi ad affrontare un dolore così forte e devi anche nasconderlo a molte persone (quasi nessuno sapeva della mia esistenza), ti ritrovi per gran parte della tua vita a raccontare una storia che non è quella reale e alla fine finisci per crederci anche tu".

Poi tutto è andato per il meglio. "Sono innamorata alla follia della mia vita – dice Simona – e ne sono innamorata anche perché ora la mia famiglia biologica ne fa parte. Però sono convinta del fatto che quando l'ho incontrata per la prima volta ero troppo piccola per affrontare quel carico emotivo. Infatti a chi mi chiede consiglio a riguardo dico sempre di aspettare i tempi previsti per legge, cioè i 25 anni".

"Ti stavo aspettando così"

Il libro scritto da Simona sul tema dell'adozione s'intitola "Ti stavo aspettando così"
Il libro scritto da Simona sul tema dell'adozione s'intitola "Ti stavo aspettando così"

Oggi Simona è rimasta in contatto con i genitori biologici e la sorella, ma, precisa: "Mamma e papà sono le persone che mi hanno cresciuta, anche se penso di essere molto fortunata: mi sento voluta da quattro persone fortemente".

"Poi – continua – naturalmente da mamma e papà, che hanno fatto un percorso allucinante per avermi. Provo tanta gratitudine nei loro confronti, che a volte è anche una cosa negativa, perché per anni ho vissuto nel film di dover essere la figlia perfetta, che deve far capire quanto sia riconoscente".

"L’adozione – osserva Simona – è un tema ancora tabù, tante persone si vergognano anche parlarne. Per questo ho deciso di prendere le mie competenze, quello che ho imparato dalla mia esperienza, e metterle al servizio degli altri per creare qualcosa di utile".

Da questa idea nasce “Ti stavo aspettando così”, interamente scritto e illustrato da Simona. "È un libro – commenta l'autrice – che io da figlia adottiva ho sempre sperato di trovare, ma si rivolge un po' a tutti e aiuta a comprendere l'adozione".

"Non vedo l'ora che le persone possano proprio averlo tra le mani – conclude -, perché per me sarà un po’ come tenere loro la mano in questo percorso".

Dal libro "Ti stavo aspettando così", di Simona Rivellini
Dal libro "Ti stavo aspettando così", di Simona Rivellini
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