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A Milano c’è ancora chi dice che la mafia non esiste, come la moglie dell’ex boss Rocco Papalia

Intervistata dal Tg3 Lombardia la moglie di Rocco Papalia, condannato per mafia, dice che la mafia non esiste. La vicesindaci di Buccinasco: “Tentano di mettersi sullo stesso piano delle istituzioni”.
A cura di Giulio Cavalli
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"La mafia non esiste". Una frase del genere, in qualsiasi angolo d'Italia, è una bestemmia verso la verità. Se a pronunciarla è la moglie di Rocco Papalia, a Buccinasco, di fronte alle telecamere della Rai allora diventa quasi una sfida. Papalia da queste parti riporta immediatamente, come a Corsico, alla cosca Barbaro-Papalia: il primo è il cognome della cosca di Piatì, mentre i Papalia sono l’emanazione lombarda del clan.

Rocco Papalia, detto "u nginu", è stato scarcerato a maggio del 2017 dopo 26 anni di carcere e dopo avere accumulato condanne per un totale di 124 anni per per reati di associazione a delinquere, droga, armi, sequestri e omicidio. Un "supercapo", come il boss Agostino Cataranziti scriveva in un biglietto ritrovato nella sua cella. Vive in una villetta in via Nearco, a Buccinasco, per metà confiscata al genero.

Al piano superiore c’è una comunità per migranti minori, sotto c’è lui e sua moglie. Il boss ha fatto causa al comune per una questione di diritto di passaggio della villetta e proprio nei giorni scorsi è arrivata la prima sentenza.

Adriana Feletti, moglie di Rocco Papalia, alla giornalista del Tg3 regionale che la intervista festeggia la vittoria nel contenzioso con il comune definendolo "una causa sciocca" per poi lanciarsi: "non esiste la mafia", dice Feletti alla giornalista con un velo di sorriso. E poi aggiunge "mio marito è una persona tranquilla". Rocco Papalia, secondo gli investigatori, è il padrino più importante della cosca in libertà.

"Qui, le mafie tentano di mettersi sullo stesso piano delle istituzioni", ci spiega Rosa Palone, vicesindaca del comune milanese con delega all'ambiente, associazioni, cultura antimafia e immobili confiscati: "Tentano in tutti i modi di avere la meglio. I buccinaschesi non hanno paura. Contro omertà, illegalità e criminalità non faremo un passo indietro. Le mafie esistono e noi le combattiamo. Di certo non possiamo tacere o restare indifferenti davanti a simili terrificanti insinuazioni false".

Palone, candidata anche alle prossime elezioni regionali nelle liste del Partito Democratico, spiega che "Papalia a Buccinasco è l’antistato". "Rappresenta la ‘Ndrangheta. – dice –  Lui stesso poco più di un anno fa ha dichiarato: di aver fatto più del sindaco e di aver costruito mezza Buccinasco".

A Buccinasco la ‘Ndrangheta si sente, eccome. Un immobile ogni mille abitanti è confiscato: "Significa terreni inquinati e da bonificare per oltre 20 milioni di euro, significa potere organizzato che vuole sostituirsi allo stato", dice la vicesindaca. Buccinasco ha vissuto una sanguinosa guerra di mafia a cavallo degli anni Settanta ed Ottanta tra la ‘ndrina Papalia-Barbaro e il gruppo cosiddetto degli “zingari”.

Per terra è rimasta una lunga scia di sangue, prima della "conquista" – come dicono le indagini della Distrettuale antimafia milanese – della città proprio ad opera del clan originario dell'Aspromonte. Una presenza massiccia, quella dei cittadini provenienti da Plati, che oggi conta circa duemila famiglie originarie della cittadina calabrese. Anche per questo Buccinasco  è detta "la Platì del Nord".

Eppure non sono bastati i morti, gli arresti e le confische per instillare un po' di vergogna a chi ancora ripete che "la mafia non esiste". Già a maggio scorso Rocco Papalia aveva sferrato un attacco al sindaco Rino Pruiti: "È inutile che (il sindaco Rino Pruiti, ndr) dice mafia, mafia. Dice che la mafia a Buccinasco ha perso. Ha perso perché non è mai esistita", disse in quell’occasione. Ieri sua moglie ha dimostrato di avere imparato la lezione a memoria.

"Ho fatto più del sindaco – disse Papalia – perché io, coi miei mezzi di movimento terra, ho costruito mezza Buccinasco. Se c'è qualcuno che se ne deve andare è lui". Rino Pruiti ora chiede l’intervento dello Stato. E chissà che qualcuno, troppo preso dalla romanticizzazione dell’arresto di Messina Denaro, non si accorga che Campobello di Mazara e Castelvetrano si ritrovano anche qui, in Lombardia.

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