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Massacrò la ex in auto a coltellate, condannato a 30 anni: dovrà risarcire quasi 1 milione

Luigi Sibilio, 35 anni pizzaiolo, il 18 maggio del 2017 accoltellò a morte Natasha Bettiolo, 46enne della provincia di Padova. L’uomo, di origini napoletane, non si era mai rassegnato alla fine della relazione durata pochi mesi: “Ho avuto un raptus, ma ero innamoratissimo” aveva spiegato.
A cura di Biagio Chiariello
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30 anni di carcere. Questa la condanna stabilita in primo grado nei confronti di Luigi Sibilio, il 35enne accusato dell’omicidio premeditato pluriaggravato della ex fidanzata Natasha Bettiolo, un anno fa a Trebaseleghe (Padova). Pizzaiolo di origini napoletano, Sibilio sosteneva d’essere ancora follemente innamorato della 46enne con cui aveva avuto una storia d’amore. Lei altrettanto fermamente lo respingeva. Sibilio però non aveva mai accettato la fine della relazione e il 18 maggio del 2017 diede appuntamento alla Bettiolo in un parcheggio poco lontano dalla scuola del paese, dove la ex lavorava come cuoca. Mentre erano seduti in auto, l'uomo aggredì la donna colpendola con cinque coltellate, poi cercò di uccidersi. La sentenza è arrivata con rito abbreviato davanti al CUP Mariella fino e al pubblico ministero Roberto piccione che ha coordinato le indagini dei carabinieri. Il gup Mariella Fino ha anche condannato l'imputato a risarcire i due figli della vittima, la famiglia e l'ex marito con 950mila euro.

Un omicidio premeditato

Secondo il responso dell’autopsia, il 35enne prima accoltellò la donna alla pancia, poi dopo averla afferrata, le sferrò numerosi fendenti al collo. Due, in particolare, sono state le coltellate mortali: quelle che gli hanno reciso la giugulare e la trachea. Natasha, come detto aveva due figli con l’ex marito. Sibilio, tre figli e una ex moglie.
I due avevano avuto una rapporto di pochi mesi fino al 2016. L’amicizia si era interrotta circa 5 mesi prima dell’omicidio e Sibilio era andato a vivere di nuovo a Napoli. “Quando l’ho vista ho avuto un momento di smarrimento. Un raptus. Volevo ucciderla, morire con lei. Ho pensato di farla finita, prima lei e dopo io. Ero innamoratissimo”, aveva detto l’uomo che è stato ritenuto colpevole dell’aggravante della premeditazione proprio perché era partito da casa con quella che poi si è rivelata l’arma letale.

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